resoconto stenografico

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resoconto stenografico
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TORNATA DEL 22 GENNAIO 1851
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CAVALIERE PINELLI.
SOMMARIO. Relazione sul progetto di legge per Teseremo provvisorio del bilancio 1851 —Atti diversi — Seguito della
discussione generale sili progetti di legge pei trattati di commercio, navigazione, e proprietà letteraria colla Francia —
Parole in opposizione dei deputati Siotto-Pintor, Mongellaz, e Biancheri — Osservazioni, e mozioni del deputato Berruti
— Osservazioni, eparole in appoggio del deputato Brunier — Spiegazioni del deputato Bavina — Schiarimenti del ministro di agricoltura e commercio, e sua deposizione di documenti — Opinioni del deputato Michelini, e suo appoggio ai
trattati.
La seduta è aperta alle ore 1 3i& pomeridiane.
segretario, dà lettura del processo verbale ed
espone il seguente sunto delle petizioni ultimamente presentate alla Camera :
3577. Fontanarava fratelli Giovanni, Scipione e Roberto
Enrico, di Vico Canavese, in considerazione dell'esilio patito
e dei servizi prestati dal loro padre notaio Pietro, già applicato alla questura di questa Camera, domandano una sovvenzione.
3578. Raggio Caterina, nata Pagnotta, di Lerici, narrando
come due persone che nomina, in compagnia di un carabiniere e di un brigadiere delia stessa arma, siansi introdotte
il 18 marzo 1830, mentre ella era assente, in casa sua, e vi
abbiano arrestato con violazione degli articoli l'i! dello Statuto, SI de! Codice di procedura criminale, 310, 511, 243,
Wi del Codice penale, il di lei figliuolo Francesco, ingiustamente imputato di furto, e come per tale violazione ella abbia invano, insieme col figlio, sporta querela criminale all'avvocato fiscale di Satana, che non volle riceverla, e
quindi all'avvocato fiscale generale presso il tribunale d'appelio di Genova, che finora non solo non ha ancora iniziato
verun procedimento contro i suddetti, ma soffre che il detto
suo figlio sia tuttora indebitamente ritenuto in carcere,
chiede che la Camera provveda acciò sia dato corso al detto
procedimento criminale e messo in libertà suo figlio stato incostituzionalmente e senza mandato di cattura carcerato.
PRES I DENTE. La Camera non essendo ancora in numero,
si procederà all'appello nominale.
(Mentre esso ha luogo, entrano parecchi deputati che coni*
pongono il numero legale.)
AI RENTI ,
PRES I DENTE. Se non vi sono opposizioni s intenderà
decretato d'urgenza.
(Èdecretato d'urgenza.)
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ATTI DI VERSI .
PRESI DENTE. L'intendeotegcnerale di Cagliari fa omaggio alla Camera di 10 copie del rendiconto delle sedute del
Consiglio divisionale di Cagliari, per la Sessione del 1850,
oltre a altre copie da distribuire ai rappresentanti della
Sardegna.
I signori deputati sardi troveranno alla Segreteria gli
esemplari che loro sono destinati; gli altri esemplari saranno
deposti alla biblioteca.
SEGUITO DE lili A DISCUSSIONE DEI PROGETTI DI
LEGGE PER li' APPROVAZIONE DEI TRATTATI DI
NAVIGAZIONE E COMMERCIO E SULLA PROPRIETÀ
LETTERARIA CONCHIUSI CON LA FRANCIA.
PRESI DENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della
discussione generale sui progetti di legge relativi ai trattati
di commercio e navigazione, e della proprietà letteraria, da
conchiudersi con la Francia.
La parola è al deputato Siotto-Pintor.
siOTTO-paNTOR. Signori, io non sarei oso di dir motto
contro la proprietà letteraria, se non fossero in questa sentenza uomini gravissimi, grandissimi. Io rifiuto in tesi generale la proprietà letteraria, la proprietà del pensiero, figlio
del pensiero di Dio, il quale, come sia con parole dichiarato,
diventa tosto irrevocabilmente del dominio del pubblico e
MELI A25IONE SUII P R© ÌÀETT© DI LEGGE W S SÙ'ESERdelia posterità. Io rifiuto tutte le false applicazioni di alcuni
CIKIO PROVVI S ORI O DEL BI L4 KCI O DEL 1851.
veri principii socialisti. Ma questo è il terreno nel quale
Luigi Blanc abbia, a parer mio, riportato compiuto trionfo
contro il suo avversario, il signor Thiers. Io rifiuto la proMARCO, relatore. Ho l'onore di presentare alla Camera
ìa relazione intorno al progetto di legge sull'esercizio prov- prietà letteraria come una dichiarazione di guerra contro il
visorio dei bilanci 1851. La depongo sul tavolo della Presi- progresso umanitario, come il più tristo, il più detestabile di
tutti i monopoli}.
denza. (Vedi voi. Documenti, pag. 562.)
PRESI DENTE. Questa relazione sarà stampata e distriE tuttavia, signori, io comprendo in qualche modo come
buita.
possa costituirsi, riconoscersi una proprietà letteraria inCAVOUR, ministro di marina, agricoltura e commercio. terna ; ma non intendo nulla affatto, come possa essere
Pregherei la Camera a voler dichiarare d'urgenza questo obbietto di relazioni internazionali. Tempo verrà, speriamo,
progetto di legge, essendo questa evidente.
nel quale l'umanità, rifacendo un passo indietro farà, come
SESSIONE DEL 1851 — CAMERA DEI DEPUTATI —Discussioni
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- 610 CAMERA BEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1851
suole, un passo innanzi. E frattanto voi capite con quale
disposizione d'animo io mi accinga ad esaminare il trattato
di garanzia della proprietà letteraria tra Francia e Sardegna.
Vogliamo noi considerarlo nel rispetto economico? Ebbene
non vi ha, non vi può essere parità di compensi. Poche le
nostre produzioni intelletfnali, letterarie oscientifiche, poche
e sprezzate o non curate o meglio non intese nella Francia,
dove la bellissima nostra lingua si conosce a quel modo che
conoscevala il bizzarro vecchio di Ferney. All'incontro prodigioso quasi il numero dei libri che si stampano in Francia,
tanti che nell'anno testé passato tra opere ed opuscoli, giunse
a 7200, oltre ad un numero soppragrande di incisioni, di litografie, di carte geografiche, di pezzi di musica vocale. Prodigioso, dico, è il numero dei libri che si stampano in Francia, non sempre profondi, a dir vero, spesso superficiali, ma
pur sempre, o quasi sempre, spiritosi, i quali invogliano di
leggere gl'Italiani, gl'Itali uii di maestri e di guide fatti imitatori e seguaci ; gl'Italiani (e con dolore lo dico) i quali
tutti o pressoché tutti sanno il linguaggio di oltr'AIpi, ma
non tutti sanno quel bellissimo idioma in cui rivive la maestà
latina !
Quale dunque sarà l'esito di questa convenzione, se non se
di scemare l'introduzione dei libri francesi a tutto prò degli editori, poniamo, parigini? E non si reputi piccolo danno questo, secondochè nella tornata di ieri ci veniva ragionando il
signor ministro d'agricoltura e commercio.
Io so di un solo libraio di questa capitale, ii quale introduceva libri francesi dal Belgio per lire 18 mila annue. Supponiamo che sia in tutto lo Stato una trentina di librai siffatti,
compresa la Savoia, dove non si leggono se non se libri francesi, e noi avremo tosto il danno di 3C0 mila lire: alla qua!
somma aggiungete il valore delle traduzioni e delle stampe
francesi. L'industria tipografica fin dal 1845, che si fece il
primo trattato colla Francia, cadde in languore, e visse una
vita di privazioni e di stenti.
Ci diceva il signor ministro che dal 1848 in qua sonosi di
molto assottigliate le introduzioni dei libri francesi.
Ma io domando, o signori : che si stampa oggi nello Stato
nostro? Giornali, epoi giornali e poi sempre giornali. Ma l'industria tipografica vive delle grandi intraprese, e legrandi intraprese si fondano o sopra opere originali di gran mole (rarissime fra noi), oppure sopra le ristampe.
Insomma che avremo noi in ultimo da questo trattato? Noi
avremo sacrificata una delle uostre industrie senza avere almeno il conforto di poter dire : abbiamo giovato alla nostra
finanza !
Ora io vo considerare la questione sotto un altro rispetto,
nel rispetto, cioè, scientifico, ossia della pubblica istruzione.
Chiunque voglia la pubblica istruzione dee certo volere il
buon mercato dei libri a prò dei consumatori. Imperocché
gli uomini grandi non nelle Università, o ne'licei o nelle
scuole secondarie si fanno, ma sì con le meditazioni sopra i
buoni libri.
Ora, la Francia è tra tutte le nazioni quella che vende a
più caro prezzo i suoi prodotti, sapendosi da tutti che primo,
immediato, necessario effetto di quel suo sistema protettore
è il rincarimento de'prezzu I libri poi si vendono a prezzi,
dirò così sanguinosi.
Che se noi adunque possiamo avere dal Belgio i libri a
patti discreti, in qual ragione cape che li paghiamo alla Francia a prezzi enormi ? Se gli editori di Parigi sono tanto corrivi
da offerire a Chateaubriand 700 mila lire pel Genio del
Cristianesimo> a Eugenio Sue lire 600 mila per i Misteri di
Parigi, al signor Thiers itQQmila per la Storia del Consolato
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e dell'Impero, dovremo noi coi nostri danari venire in soccorso della insaziabile loro avidità?
E quello che è pèggio, o signori, faremo noi un'aristocrazia del sapere, rendendolo inaccessibile alle classi ed agli uomini di limitate fortune? Aquel ceto medio, del quale l'abate
Siéyès dalla tribuna francese mo'!o enfaticamente diceva:
« Che cosa è egli il terzo stato in una Francia? Nulla. E che
dovrebbe egli essere ? Tutto. »
E ben so io che il sapere è di sua natura aristocratico
come la virtù, Ma so ancora che non si perviene al sapere aristocratico senza mezzi eminentemente democratici.
Ci si dice—insegnamento ! E ci si toglie o ci si attenua la
facilità dell'insegnamento: — libertà! libertà! — ci si dice,
e ci si toglie la più onesta, la più innocua, la più santa delle
libertà, la libertà del sapere!
Poco dirò, o signori, nel rispetto delia dignità nazionale.
Ma che? Faremo noi dunque i doganieri della Francia? o
vesseremo gli editori del Belgio, non d'altro rei se non se di
offerirci i loro libri a patti discreti? Faccia la Francia valere i suoi diritti, se alcuno ne ha, col Belgio, ma non venga
a pretendere che noi scendiamo a così bassa condiscendenza !
Né mi smove il riguardo della probità interna.
La moralità internazionale non comanda, non consiglia il
suicidio; e per mio avviso si commette suicidio ogni volta
che una nazione dimentica la sua dignità,
Del rimanente, o signori, a voler essere giusto ed imparziale, io non dissimulo le ragioni per le quali si possono attenuare in gran parte questi miei ragionamenti.
Io sto molto maravigliato che il Governo francese non
vegga la futilità delle cautele stipulate nell'articolo secondo.
Esso ci obbliga a riconoscere se i libri introdotti dall'estero
abbiano un certificato di nazionalità.
Ora io dico : e quale sarà dunque quell'autorità del Belgio,
h quale rifiuti di dare un certificato di nazionalità a qualunque de' suoi editori, sol che abbia mutato il titolo o il frontispizio d'un libro o v'abbia posta a piè di pagina una qualche annotazione ? Crediamo noi che le autorità belgiche sacrificheranno i loro editori alle esigenze della Francia ? Però
siccome noi col trattato né siamo né possiamo essere obbligati ad entrare nel merito intrinseco del certificato, sibbene
soltanto a vedere se quel certificato sia, io penso che poco
o forse nulla sarà sviato il nostro commercio librario col
Belgio.
Con ciò ho pure risposto agli argomenti che io traeva dall'interesse della pubblica istruzione. Rimane che io dica della
dignità nazionale. Intorno alla quale, se debbo dire il vero,
la Commissione passò alquanto leggiermente. Conciossiachè
essa dice non essere vergognoso il patto perchè reciproco.
Noti però la Commissione che per parte della Francia il patto
è una mera illusione, non solendosi introdurre in Francia
libri italiani, laddove per noi è una realtà.
Da un ultimo lato, o signori^ si può esaminare la questione, ed è quello toccato al signor ministro di agricoltura
e commercio, cioè delle relazioni amichevoli tra Francia e
Sardegna. Ioavrò a questo proposito tutto detto quando io dirò
che la forza delle nostre istituzioni, la nostra autonomia sta
e starà sopra la lealtà più singolare che rara del nostro ottimo principe e sopra la incomparabile fedeltà dei suoi popoli.
Io dirò che preziosa è P amicizia del Governo f rancese
al principe, al popolo, a questa nobile Assemblea, cara soprammodo a tutti la simpatia di quella nazione che se non
è la primissima, è pur una delle prime nazioni d'Europa e
del mondo. Ma cara soltanto e preziosa nei limiti in cui si
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rispetti la libertà, l'eguaglianza» la giustizia, il diritto, la dignità n o s t r a !
Voi vedete, o signori, che con queste considerazioni io non
intesi di parlare contro o in favore del trattato, ma soltanto
sopra di esso, e vi confesso che incerto ancora pende l'animo
mio. Se io guardo ai priocipii, io lo rifiuto assolutamente;
se alle convenienze politiche, io esito a profferire questa parola. Io aspetterò adunque che l'ulteriore discussione della
Camera rischiari meglio il mio intelletto, e tenendo sempre
conto al Ministero della difficile sua posizione e dei tempi
gravi che trapassammo, e degli altri che, la Dio mercè, t r a passeremo incolumi, io con ciascheduno di voi avrò, come
nei petto la fermezza, così sui labbro la schiettezza e il coraggio della propria opinione. (Bravo !)
MONGEïiiiASE. Sans être optimiste, ni trop exigeant on
peut sans doute concevoir beaucoup mieux et désirer des
conditions plus explicites et pîus avantageuses que celles
renfermées dans nos traités de commerce et de propriété littéraire avec la France. A qui la faute, messieurs ? Est-ce aux
diplomates chargés de l'importante tâche de s'entendre à cet
égard avec ceux de la F r a n c e ? Est-ce au peu d'habileté, d ' é nergie ou de prévoyance des instructions ministérielles? E n fin, nos hommes d'Etat n'ont-ils pas été à la hauteur d'une
telle mission, et n'ont-ils pas déployé toute l'expérience,
toute la sagacité, qu'éxigeaient l'importance et la complication de nos intérêts économiques et commerciaux? Nous
ne pensons pas qu'on puisse à cet égard accuser nos hommes
d'Etat, mais la fâcheuse position de notre pays.
En effet on ne peut s'empêcher de reconnaître, messieurs,
combien sont graves et délicates les circonstances dans lesquelles nous nous trouvons, combien sont grandes et multipliées les difficultés contre lesquelles notre Gouvernement est
obligé de lutter aujourd'hui, et de lutter seul en Italie, presque seul en Europe ! Or, contre cet isolement, contre ces
circonstances et ces difficultés ne convient-il pas de prendre
un p a r t i ? Ne faut-il p a s q u e nos ministres, sans plus de r e t a r d , se mettent en mesure, puisqu'ils n'ont pu encore ni les
prévenir, ni les surmonter?
Quand on exam'ne quels sont nos intérêts nationaux engagés dans ces traités, on trouve qu'ils sont en réalité de
deux s o r t e s : les uns ostensibles, matériels et commerciaux,
les autres moins apparents, politiques et sociaux. Ces derniers, bien qu'ils soient tenus sous cartes, ne sont pas les
moins importants comme nous Le verrons. Relativement aux
premiers, en général nous ne gagnons rien ou que fort peu
de chose ; quelques parties de nos Etats ont même plus à perdre qu'à gagner, telle est la Savoie.
Mais on ne peut se dissimuler combien nous avons à faire
à forte partie quand il s'agit de la France, et combien celleci a pu se montrer plus exigeant à notre égard, parce qu'elle
nous avait pris en suspicion, soit à cause du défaut de confiance que nous lui avons témoigné depuis deux ans, soit à
cause de l'influence vraie ou supposée que'elle croit exercée
par l'Angleterre sur nos affaires politiques, religieuses et
commerciales.
D'un autre côté, il est certain, messieurs, qu'il est fort
difficile de faire concorder nos principes modernes d'économie politique et de libre échange, avec l'ancien système
douanier, continental
et proteclioniste,
que conserve la
France. On comprend d'ailleurs que cette puissance se fasse
pa ye r , plus ou moins cher, l'entrée des produits é t r a n g e r s ;
vu que par le nombre, l'étendue, l'admirable position et f e r tilité de la plupart de ses provinces, elle récolte toutes les
denrées dont elle a besoin ; vu que, par son industrie si
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active et si variée, par ses manufactures si nombreuses et
si perfectionnées, elle peut se suffire à elle-même, et qu'elle
n'a rien ou presque rien à envier aux contrées du globe les
plus commerçantes el les plus productives. Avec tant d'avantages territoriaux et industriels, comment voudrait-on que
la France supprimât bénévolement ses droits d'entrée sur les
provenances étrangères? Elle sait trop bien que celles-ci
arrivent toujours, et bon gré malgré, dans ses villes et dans
ses ports si favorisés par ieur position et par le caractère
séduisant et facile de ses habitants! Or dans cet état de
choses, comment cette nation se priverait-elle d'un immense
revenu dont elle a le plus grand besoin, qu'elle prélève sans
efforts, sans difficultés sur presque tous les peuples de
l'univers, et auquel le commerce étranger est habitué depuis
longtemps?
On conçoit donc très-bien messieurs, que nos diplomates
n'aient pu obtenir, en faveur de nos Etats, l'abolition ni
des droits différentiels, ni du droit de tonnage sur nos bateaux et navires. Ne faut-il pas que nous en prenions notre
part, et d'autant plus facilement que nous sommes placés,
sous ce rapport, au rang des nations les plus favorisées de
l'Europe, c'est-à-dire, le moins maltraités ?
En effet nous avons obtenu, par ce traité, plusieurs concessions spéciales pour notre commerce maritime, lequel est
affranchi de diverses formalités gênantes et onéreuses, qui
entravaient jadis nos opérations de pêche, de cabotage, de
transports, de parcours, de stationnements sur les côtes de
la France et de l'Algérie. Une concession toute particulière
et très-avantageuse à cet égard, c'est la libre entrée en Algérie et sans droit quelconque de tous les charbons, bois à
bâtir et à brûler qu'on expédie chaque jour de la Sardaigne
pour cette destination. Si notre Gouvernement, ou quelque
société particulière, parvenait à exploiter en grand les immenses et inépuisables forêts de cette île, n'en résulterait-il
pas une mine féconde, assez importante pour réaliser en
grande partie ce million annuel qu'on doit dépenser pour les
routes de la Sardaigne?
Par ce traité, le commerce de la Ligurie et du Piémon
obtient des avantages qui ne sont point à dédaigner, telle
que la réduction d'un tiers sur le droit d'entrée de ses riz
en F r a n c e ; d'où résultera pour ce commerce le bénéfice
anuuel de ISO,000 francs. Plusieurs provinces transalpines
jouissent encore d'un écoulement moins onéreux et plus
facile par terre et par mer, de leurs bestiaux, des poissons secs, des fruits secs et verts, comme oranges, citrons,
figues, e t c . , dont la taxe est réduite d'un sixième. Cette
taxe est diminuée d'un cinquième sur le corail brut et t r a vaillé dont les Génois font un grand commerce. Enfin nous
avons des réductions sensibles sur l'entrée des gazes de
soie de nos fabriques du Piémont et de la Savoie.
Notre Gouvernement de son côté accorde à la France
par le traité dont il s'agit, de larges compensations, et bon
nombre d'importantes réductions de droit, comme celles
pour l'entrée chez nous, de ses verres, cristaux, porcellaines, cuirs préparés, peaux chamoisées, etc. Or, espéronsnous jouir de l'abondance et du meilleur marché de tous
ces produits, sans que nos fabricants en souffrent beaucoup? N'est-ils pas à crainde qu'ils n'éprouvent des pertes sensibles, même désastreuses, jusqu'à ce qu'une stimulante rivalité les pousse, s'il se peut, à fabriquer mieux
et à meilleur marché? Mais pour qu'ils ne soient pas écrasés
subitement par une telle concurrence, ne serait-il pas à
propos et très-juste de différer quelque temps l'époque où
commencera l'abaissement des tarifs dont il s^agit, afin de
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CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1851
laisser aux fabricants de notre pays le temps et Ses moyens
de se retourner, de prendre leurs mesures pour n'être pas
conduits à des banqueroutes presqu'inévitables ?
Quant au revenu de nos douanes, il ne sera point diminué par cet abaissement de tarif, soit parce qu'il y aura
moins de contrebande pour les objets dont il s'agit, soit
parce que le commerce de tout ce qui est de luxe continuera chaque jour à augmenter, surtout dans nos grandes
villes, comme Gênes et Turin, dont les brillants magasins
étalent à l'envi tout ce que Paris et Lyon produisent de
plus riche et de plus nouveau.
Il n'en sera pas de même pour l'énorme réduction de tarif,
faite inconsidéremmenî sur l'entrée des eaux-de-vie, et des
vins de la France; nous disons inconsidéremment, car c'est
pour nous la partie la plus funeste du traité; en effet, "ies
vins français de première qualité ; ne payent plus que ii
francs l'hectolitre et 50 centimes la bouteille des vins fins.
Non seulement il en résultera un déficit assuré pour nos recettes, mais on procurera encore aux gents riches, à trop bon
marché et aux dépens trop certains et déplorables de notre
industrie vinicole, des jouissances qu'on pouvait sans inconvénient continuer à leur faire payer un peu plus cher.
Un autre effet plus désastreux encore proviendra de l'entrée et du débit plus considérables des vins de qualité inférieure, lesquels ne payeront plus que le droit minime de 10
francs l'hectolitre. Nul doute que sous cette dénomination
vague et élastique, on ne fasse entrer en Piémont surtout en
Savoie tous les vins qu'on voudra, de Bourgogne, de Mâcon,
des côtes du Rhône, etc. Ajoutez au bas prix des excellents
vins de France, comparé à celui des vins de notre pays, la
grande facilité prochaine de leur transport par les chemins
de fer, alors les vins de la Savoie en général seront rebutés
ou réduits à un prix si minime que nous serons obligés d'arracher presque toutes nos vignes pour les convertir en prairies artificielles ! Or n'est-ce pas là un résultat désastreux
pour notre pays?
Oui, messieurs, si la Ligurie et le Piémont en général ont
plus à gagner qu'à perdre dans les conditions de ce traité de
commerce, il n'en est pas de même de la Savoie; car, c'est
de toutes les parties de nos Etats, celle qui est la plus entièrement oubliée. En effet, y fait-on la moindre réserve pour
l'écoulement plus facile de ses fontes si estimées en France
et où le débit en est nul ou fort limité à cause de l'énormité
des droits d'entrée? N'en est-il pas de même pour l'exportation en France des nos fromages, beurres, cuirs, bestiaux, et
en particulier de nos vacherins d'abondance, gruyères, persillis ou formages bleus des hautes vallées du Faucigny, supérieurs auSassenage si réputé des environs de Grenoble;
puis encore de nos fruits confits, compôtes vertes de Chambèry, pruneaux de Passy, miel de Chamouny, etc.? Toutes
ces productions spéciales de la Savoie sont fort recherchées
par les marchands de comestibles des grandes villes de
France et en particulier de Paris; mais elles payent, pour
entrer, un droit, si exhorbitant que le commerce en est paralisé, tandis qu'on aurait pu obtenir facilement quelques
réductions de droit, quand ce n'eût été que par égoïsme et
pour la jouissance des amateurs parisiens!
Quant aux prétendues facilités pour entrer nos bestiaux en
France, ne sont-elles pas illusoires et entièrement nulles
pour toute la partie septentrionale de la Savoie, puisqu'il n'y
a qu'un seul bureau au Pont-de-Beauvoisin, c'est-à-dire,
placé à l'extrémité méridionale de nos frontières françaises?
Or, comment voudrait-on que les habitants du f.hablais et du
Faucigny, éloignés de ce bureau de plus de 2S et 50 lieues,
puissent en profiter? A-t-oa voulu favoriser les marchands
du Piémont qui entrent en concurrence sur nos marchés
avec ceux de la France». Mais, n'y a-t-il pas de l'injustice à
paralyser cette concurrence aux dépens de nos vendeurs savoisiens qui auraient tiré un meilleur prix dé leurs bestiaux,
s'ils se fussent écoulés en France au moyen d'un bureau de
douane placé à Seyssel, par exemple? Car, outre les faux
frais d'un long trajet à travers la B?sse-Savoie pour les marchands français qui sont obligés de s'en retourner par le
Pont-de-Beauvoisin, combien n'y a-t-il pas de bestiaux qui
ne peuvent supporter un si long voyage! Aussi les Français
n'achètent-ils en Chablais et en Faucigny que des mulets.
Abstraction faite de cet oubli très-préjudiciable pour la
Savoie à qui notre Gouvernement se contente de faire des
vaines promesses, ce traité de commerce avec la France, envisagé même uniquement sous le rapport statistique et matériel, est encore plûtot avantageux que nuisible aux intérêts
de la L'gurie, du Piémont et de la Sardaigne.
Si nous le considérons maintenant sous le rapport politique
et social, nous ne pouvons que gagner tous, tant que nous
sommes, Sardes, Génois, Piémontais et Savoisiens, à établir
des relations plus fréquentes et plus intimes avec nos généreux et puissants voisins.
Sous ce dernier rapport l'importance du traité dont il s'agit, est plus grande qu'il ne paraît au premier abord et envisagé superficiellement, vu que la France n'y prend point en
notre faveur d'engagements ostensibles et formels; mais au
fond et en réalité nous regagnos une confiance que nous
avions perdue, et des sympathies de bon voisinage qui, le
cas échéant, peuvent avoir des résultats effectifs et très-importants.
En effet, quoique nos ministres se soient décidés trop tard,
selon nous, à tourner enfin les yeux du côté de la France,
quoique notre politique trop exclusivement italienne et anglaise ait été trop longtemps en opposition avec la politique
plus large, plus généreuse, plus catholique de nos excellents
voisins, nous croyons que c'est le moment propice de traiter,
de nous entendre convenablement avec eux, parce qu'il serait
à craindre plus tard et d'après les complications graves et
imprévues de la diplomatie européenne, qu'il ne devînt toujours plus difficile d'établir entre la France et nous de nouveaux et favorables rapports d'intérêts politiques et commerciaux ; d'autant plus qu'aujourd'hui cette puissance a parfaitement oublié ces témoignages d'égoïsme et de défiance de
notre part qui remontent à 1848et 1849. Eh'.si nouseussions
avant nos dernières désastres, comme nous l'avons conseillé
à cette tribune, si nous eussions alors accueilli les tendances
fraternelles et sympathiques de cette généreuse nation qui
mettait son armée des Alpes à notre disposition, n'est-il pas
probable que nous les aurions prévenus ces désastres dont
nous subissons les funestes conséquences?
Quoiqu'il en soit, messieurs, aujourd'hui que nous avons
passé et mûri à cette puissante école de l'adversité, montrons à la face de l'Europe que, tout petits et isolés que
nous sommes, nous constituons un peuple grave, religieux et
moral, sérieux et délicat dans ses engagements, surtout étroitement uni autour de son jeune et magnanime souverain, persuadé que la fidélité, h constance et l'union rendent forts
et stables les Gouvernements, même les plus petits.
Mais hâtons-nous de rétablir nos rapports de bon voisinage avec la France ; d'abord parce que sa position centrale
entre les Alpes et les Pyrénées, entre îe nord et le midi, entre l'Océan et la Méditerranée, est telle qu'on ne peut, en
Europe, tirer un coup de canon sans qu'elle n'en soit avertie
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ou qu'elle n'y prenne part ; ensuite parce que nous voyons
toutes les affaires politiques et commerciales de l'Europe
s'organiser dans un sens opposé, dans un esprit presque hostile à ceux que nous suivons depuis deux ans. Les peuples
qui voudraient nous imiter et nous tendre la main, sont enlacés dans les filets de la diplomatie ou comprimés par la
force des bayonnettes! Or, dans l'urgence de sortir de notre
isolement, pourrions-nous ailleurs tourner nos regards, sinon du côté de la France?
L'Angleterre est loin de nous ; d'ailleurs son égoïsme mercantile qui lui fait convoiter Gênes, ne doit-il pas nous rendre circonspects à son égard? Nous n'avons rien à espérer du
côté du' nord : bien loin que les lumières et la liberté puissent
venir de l'Orient comme autrefois, c'est là, c'est au nord que
s'unissent aujourd'hui de grandes puissances pour conspirer
la compression ou i'asseryissement du midi.
C'est donc avec la France, messieurs, que nous devons
établir et maltiplier nos rapports commerciaux, politiques et
sociaux. Sans implorer jamais une humble et servile protection, sachons nous rapprocher et dignement nous abriter sous
les grandes aiies de cette généreuse et puissante nation, qui
flattée de notre confiance et de nos sincères prévenances
saurait au besoin déployer la force et la bravoure de ses armées pour secourir notre faiblesse et nos frontières menacées... Ce ne sont pas quelques misérables susceptibilités
d'amour propre, ni les sacrifices de quelques milliers de
francs dans nos recettes douanières, qu'il faut ici considérer;
l'intérêt matériel n'est rien quand il s'agit de sauvegarder et
l'honneur et la liberté.
Par le traité de la propriété littéraire nous nous joignons
à nos excellents voisins pour assurer les droits si légitimes
des écrivains, des compositeurs, contre d'ignobles et déplorables contrefaçons. Ce n'est pas seulement de notre part
une marque de condescendance envers tous les hommes de
grand mérite dont la France s'honore ; c'est encore un acte
de justice par lequel nous payons au génie un convenable tribut de reconnaissance. D'ailleurs un commerce réciproque,
plus libre et plus étendu de librairie avec la France, nous
mettra plus facilement au niveau des découvertes scientifiques et des grands produits intellectuels, et cela, d'autant
plus à propos, messieurs, que les hommes de génie de notre
pays sont souvent obligés, pour se faire connaître, de se lancer sur un plus grand théâtre que le nôtre. C'est de Paris
plus d'une fois que nous reviennent les œuvres perfectionnées
par le choc de la bonne critique et proclamées par l'éclatante
voix de la renommée. D'ailleurs il en résultera pour nous
des rapports scientifiques et littéraires plus fréquents et plus
intimes; delà, un reflux incessant de lumières, une certaine
délicatesse de goût, d'idées, de sentiments qu'on ne peut
manquer d'acquérir par des relations habituelles avec un
peuple qui est à la tête de la civilisation de l'Europe et du
monde entier.
Par tous ces motifs, messieurs, reconnaissons dans les deux
traités dont il s'agit ce qu'il y a de bon pour le présent, surtout de profitable pour l'avenir. N'oublions pas que c'est un
nouveau jalon pour marquer et agrandir, par la suite, des
voies commerciales et des relations amicales que nous devons cultiver et jamais négliger avec une nation, entre toutes, la plus voisine, la plus grande, surtout la plus syaipathiqae à nos réformes civiles et politiques. Approuvons donc
ces traités ratifiés déjà par nos plénipotentiares et ceux de la
France; nous ne pourrions les rejeter sans froisser l'amourpropre des uns et des autres, sans indisposer peut être contre
nous nos excellents, mais très-susceptibles voisins, dans tous
les cas sans humilier les hommes de mérite et de cœur que
sont à la tête de notre Gouvernement et dont les efforts patriotiques ne se sont jamais démentis au milieu des circonstances même les plus critiques.
Enfin, votons ces traités, MM., si non à cause des avantages matériels qu'il nous procurent actuellement du moins
à cause des favorables conséquences politiques et sociales
qu'on peut en espérer pour l'avenir de notre pays.
pbesiuekte. La parola è al deputato Berruti.
BERROTi. Signori, gravi al certo sono le considerazioni
che possono aver indotto la maggioranza della vostra Commissione a dare adesione ai due trattati convenuti coi Governo
francese, intorno cui siamo oggi chiamati a deliberare.
Non isfugge primieramente quella di riguardi che voglionsi
sempre usare inverso d'una nazione, la quale sia retta da
qualsivoglia Governo, è però sempre designata ad., essere la
nostra naturale amica. E per vero sotto a questo aspetto la
questione di una convenzione colla Francia si solleva al di
sopra di ogni interesse materiale e presenta una facile soluzione, tanto più se si consideri che attualmente i trattati, i
quali ne sono sottoposti, non si possono più considerare, per
parte della Francia, come opera di un Gabinetto o di un plenipotenziario avversi a certe dottrine economiche, ma sibbene come espressione dei rappresentanti della nazione,
dacché l'Assemblea francese ammettevali senza opposizione
di sorta.
Ma nel mentre debbonsi tenere in molto conto le considerazioni politiche, hassi però ad avvertire che queste non vadano a contrastare cosi di fronte gli interessi vitali del paese,
che, oltre ad un sensibile svantaggiò materiale, se ne ottengano risultati morali affatto opposti alle nostre intenzioni.
Pertanto, nel farmi ad esaminare le clausole principali del
trattato di commercio e navigazione, quantunque convinto
che nulla per noi si abbia a trasandare per mantenerci in
buone relazioni colla Francia, non ho potuto a meno di riconoscere, come per parte nostra le concessioni fatte a questo
paese sorpassino di tanto quelle a noi fatte, da non permettermi di dare a questo trattato la mia adesione.
Rappresentante di una fra le provincie maggiormente produttrici in vino, è naturale che la mia attenzione siasi più
specialmente fermata su quella parte dell'articolo 12, dove è
così notevolmente ribassata la tariffa per l'importazione dei
vini francesi.
Ebbene, o signori, dovetti riconoscere che per siffatta concessione la nostra produzione vinicola rimane esposta alla più
pericolosa concorrenza.
Ho sentito addursi dall'onorevole signor ministro d'agricoltura e commercio argomenti onde provare che per quanto
sia rilevante questa riduzione, non si abbia per noi a temere
una concorrenza qualunque, Non so se a lui sia riuscito di
persuadere alcuno di voi, o signori, per mio conto dichiaro
che no.
Da informazioni assunte da persone pratiche in questa materia so che il prezzo medio dei vini di Francia ne' suoi
porti è di lire otto al più per ettolitro. La spesa di trasporto
per la via di mare varia, a seconda delle distanze, da lire due
a tre per ettolitro, per lo che, aggiunte le lire dieci per diritto d'entrata convenute in questo trattato, costerà un
ettolitro di vino comune di Francia, trasportato al nostro
litorale, la somma di lire 20 a 21.
So poi per propria esperienza che il prezzo medio dei
nostri vini sul luogo di produzione è di lire 16 a 17 per ettolitro (e guai alla nostra industria vinicola se fosse solamente
di lire 12. come mi sembra abbia asserito l'onorevole signor
—614 CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1851
ministro dell'agricoltura e commercio !) ; la spesa di trasporto
dalle Provincie le più produttrici in vino, a Genova, è di lire
6 per ettolitro, il diritto d'entrata di lire 3, in totale di
lire 26 ; costa adunque un ettolitro di vino del paese, trasportato a Genova, da 5 a 6 lire in più di quanto costi un
ettolitro di vino di Francia trasportato al litorale.
Ora, se questi calcoli sono veri, come sono verissimi,
ditemi, o signori, se la Francia farà o non farà una concorrenza pericolosa alla nostra industria vinicola.
Se così è, tanto meglio pei consumatori, mi pare dicesse
il signor ministro d'agricoltura e commercio : e tanto meglio
direi anch'io, se fosse vero che i consumatori della Liguria
ne provassero un utile qualunque. Che cosa avverrà quando
i nostri vini non possano sostenere la concorrenza coi vini
di Francia ? Ne avverrà che il commerciante piemontese, non
potendo senza un onesto guadagno, o, dirò meglio, senza
grave perdita, trasportare i suoi vini nella Liguria, rivolgerà
altrove le sue speculazioni, ed il consumatore ligure si troverà costretto a sottostare a quel prezzo qualunque che piacerà al commerciante francese d'imporgli.
Ho inteso dirsi da taluno che la concorrenza gioverà a migliorare i nostri vini. Ma io posso tosto soggiungere come
questo risultato si ottenga sempre quando la concorrenza è
limitata fin là dove le nostre forze la possano sostenere: e
tale non è nel caso presente. Molti di voi conosceranno per
pratica quanto complicata e dispendiosa sia l'industria dei
vini. Tenuto calcolo di tutte le spese, la somma di queste non
è mai minore di lire 8 per ogni ettolitro, e per quanta cura
vogliasi mettere in tale fabbricazione, per lunga e svariata
esperienza io ebbi a riconoscere come il prodotto netto di
essa arrivi a mala pena al 3 per cento.
In siffatta condizione del primo fabbricatore, considerate
come, a fronte delle spese di trasporto e dei dazi, abbia
a sostenersi il prezzo dei vini comuni, sì da poter dare un
onesto guadagno a chi ne fa commercio !
Tutti sanno come siffatta produzione, mentre scarseggia in
poche Provincie dello Stato, abbonda per altra parte in molte
altre per modo da abbisognare di larghissimo sfogo. Sinora, sia difetto del suolo o della vite, o del sistema di fabbricazione, i nostri vini non possono reggere al trasporto del
mare, quindi lo smercio debbesi cercare tutt'affatto nel continente.
Voi non ignorate quanto ristretta sia, per questo prodotto,
la nostra esportazione per la Svizzera ; nella Lombardia, stante
il gravissimo dritto d'entrata, essa può dirsi limitata ai vini
fini. 11 vero smercio dei nostri vini comuni sta tutto nell'interno. Ebbene, col diminuire di tanto il dritto d'entrata pei
vini di quell'unico paese con noi confinante, che in questa
parte possa farci concorrenza, voi restringete questo smercio
e per naturai conseguenza venite a ribassare il prodotto netto
della nostra produzione vinicola portandolo dal 3per cento, che
ne è il maximum, al 2 Ii2, e forse ancor più probabilmente
al solo 2. Ora, vedete, o signori, se questa sia una condizione
di cose cui si possa così facilmente reggere, trattandosi di uno
fra i principali prodotti del nostro suolo, dell'unico anzi, per
cui vaste e popolate provincie, come l'Astigiano, il basso e
l'alto Monferrato, gran parte del Canavese, traggono il loro
sostenimento. Aggiungerò ancora più e domanderò se questa
sia una condizione di cose per cui si possa, così di sbalzo, ridurre una delle industrie, sopra la quale la finanza percepisce cotanto profitto. Nessuno di voi ignora, o signori, quali
balzelli e di quante specie pesino sopra di essa.
Ora, supponete che una di quelle molteplici accidentalità
sui va soggetta, venga a colpirla ; un freddo troppo intenso
nell'inverno, una brina troppo inoltrata nçlla primavera, il
bruco che la infesta periodicamente, una pioggia soverchiamente continuata all'epoca della maturazione, una grandine
che la distrugge : allora avverrà che, mentre i vini francesi
leggermente aggravati straboccheranno sui nostri mercati,
i nostri avranno a smerciarsi a siffattoprezzo da lasciare in
grave perdita il proprietario.
Credete però che tutte queste cose io non sarei venuto
dicendo se almeno il trattato, di cui faccio parola, ci offrisse
qualche largo compenso per le altre nostre industrie.
Né io, né i miei rappresentati siamo così egoisti da posporre
al proprio il generale interesse dello Stato. Ma nessuno di
voi vorrà al certo assicurarmi che le altre industrie siano
gran che avvantaggiate per questa convenzione. Tutti anzi
hanno dovuto riconoscere che un'altra, quasi altrettanto importante che quella del vino, voglio dire quella dell'olio,
trovasi dannosamente da essa colpita, mentre i vantaggi procacciati alle altre materie commerciali si riducono a riforme
puramente omeopatiche. Si disse ciò provenire dalla diversità
dei sistemi economici seguiti in Piemonte ed in Francia.
Quivi la protezione, più che sistema è fatta abitudine. Presso
noi, invece, dove la classe degli industriali e dei commercianti, per quanto ancora protetta, non giunse mai a fare del
sistema protettivo un'abitudine inviolabile, tutte le tendenze
sono per il libero commercio. Io di tutto cuore applaudo alle
tendenze del mio paese, ma parmi però che la diversità dei
sistemi non avesse a condurci a tal punto da usare verso la
Francia della generosità a pura perdita.
Ad ogni modo però, quando per altre considerazioni che
per quelle cui ebbi l'onore di esporvi, crediate di aderire ai
trattati in discussione, io vorrei che i signori ministri non si
dissimulassero il danno che con tali trattati si cagiona a parecchie nostre industrie e specialmente a quella del vino.
Per la massa dei contribuenti, sopra cui pesano già tanti
aggravi, quando venga a scapitare ancora come scapiterà di
certo, ne' suoi principali raccolti, dubito se varranno certi
ragionamenti politici, per farla capace che il patrio legislatore
abbia provveduto al bene del suo paese.
Una delle principali condizioni di un buon Governo, la generalità dei cittadini richiede che sia l'accrescimento della
ricchezza nazionale.
I signori ministri ci pensino, e per rispetto al prodotto dei
vini, il quale a creder mio, non può a meno che soffrire gravissimo detrimento per il trattato del 5 novembre del 18S0,
vogliano ricordarsene almeno in quel lavoro cui hanno dato
affidamento di attendere, voglio dire nella revisione della tariffadaziaria, e nella riforma dell'attuale sistemadelle gabelle.
BiawrcsEK. Les observations que je voulais soumettre à la
Chambre ont déjà été longuement développées dans la séance
d'hier, par M.le ministre d'agriculture et du commerce. Il
me reste à ajouter quelques réflexions.
Les reproches faits contre le traité de navigation et de
commerce se résument principalement à dire qu'il n'est pas
ce qu'il aurait dû être, c'est-à-dire qu'il aurait dû s'étendre
sur une échelle beaucoup plus grande dans l'intérêt réciproque des deux nations, tandis que nous le voyons restreint
aux limites les plus étroites, aux proportions les plus mesquines.
Tout annonçait que le traité de navigation et de commerce
négocié avec la France reposerait sur des bases plus larges.
La France a beau être protectioniste jusqu'au ridicule, nous
étions en position de lui faire les plus belles concessions dans
le sens économique qui prévaut chez elle.
La France est le marché naturel où s'écoulent les produits
3
TORNATA BEL 22 GENNAIO 1851
des Etats sardes. C'est de France que la Sardaigne tire la presque totalité de ses importations.
En effet quels sont les principaux articles d'exportation du
Piémont? Ce sont les riz, les huiles, les fruits verts, les produits séricoles, soit les cocons, les soies gréges ou réduites
en trames, organsins et autres ; les bestiaux et les produits
qui en découlent ; les fontes et quelques bois de construction.
Tous ses produits vont en France en totalité ou en majeure
partie. Quelques-uns de ces objets, tels que les produits séricoles, les petites peaux sèches, les bois, sont frappés chez
nous à la sortie, et la France ne les soumet qu'à un droit
très-leger. Nous n'avions donc à demander à la France une
réduction de droits que sur l'entrée chez elle de nos autres
objets d'exportation, c'est-à-dire sur les riz, les huiles, les
bestiaux, les fontes et les fruits. La France devait nous accorder cette réduction avec d'autant plus de facilité que ces
objets sont pour elle, matière première, objets de première
nécessité ou qu'elle ne produit pas en quantité suffisante
pour sa consommation.
En correspectif notre Gouvernement aurait fait à la France
deux genres d'avantages.
D'abord il aurait abaissé les droits sur des objets que nos
tarifs frappent à la sortie, comme les cocons, soies, bois,
charbon et les peaux, et que la France recherche et convoite
pour l'alimentation de son industrie.
Puis, et par-dessus tout, il aurait abaissé les droits sur
l'entrée dans nos Etats de tous ces objets manufacturés et agricoles que nous tirons de la France, tels que liquides, tissus
de tous genres, livres, objets de goûts, d'arts et de mode, et
autres.
Rien ne paraissait plus facile que la conclusion d'un traité
fait sur de pareilles bases. Nous ne demandions des rabais à
la douane française que sur des objets que la protection ne
frappe pas du tout ou fort peu ; puisqu'ils sont matière première, ou dont la France manque; tandis qu'en correspectif
nous facilitions l'écoulement, chez nous, de produits dont la
France regorge et pour lesquels elle cherche des débouchés :
bien plus nous faisions des concessions sur 50, 40 et plus
d'articles de provention française pour concession sur un seul
article de nos produits.
Un pareil traité était tout à l'avantage de la France, avantage conforme aux doctrines économiques qui la régissent.
Cependant la France a refusé de traitér sur ces bases, elle a
préféré le traité mesquin dont la ratification est soumise actuellement à 1' approbation du Parlement.
Il est évident que le» intérêts généraux du commerce français sont sacrifiés à l'intérêt égoïste de quelques intérêts privés qui s'imposent à la nation.
Pour le comprendre, il suffit de savoir que notre Gouvernement offrait de rabattre le 40, 50 et même le 60 pour cent
sur les draps, sur les tissus de coton, de fil, de lin, sur les
livres, sur le sucre, papiers peints, dentelles, tulles, glaces,
sur la quincaillerie, sur les produits chimiques, la droguerie,
vaisselles et tant d'autres objets manufacturés que nous tirerions de la France.
Que demandait notre Gouvernement en correspectif de tous
ces avantages? Une diminution de droits sur l'introduction de
nos huiles en France. Les droits actuels sont exhorbitants.
50 francs les 100 kilogrammes par terre et par navires étrangers: 25 et 28 francs par navires français, suivant qu'elles
sont du crû du pays, d'où elles sont importées ou d'ailleurs.
Une pareille réduction aurait profité à nos producteurs, ainsi
qu'aux consommateurs français. Car, comme la France manque d'huile pour compléter sa consommation, il arrive que
les producteurs français abusent dudroit d'entrée pour vendre
leurs huiles plus cher, à concurrence des droits d'entrée. Le
consommateur français paye cette différence: les départements
du nord sont tributaires de ceux du midi.
Nous avons un exemple plus saillant encore de ce système
obstiné de la France de pousser jusqu'à l'absurde la protection
en faveur d'une industrie, au détriment de toutes les autres
industries. C'est relativement aux fontes, sur lesquelles notre
négociateur demandait une réduction du droit actuel qui est
de II francs UOcentimes les cent kilogrammes. Nous offrions
en correspectif de réduire de 50 pour cent les droits actuels
sur les objets de même nature, mais confectionnés, tels que:
Fontes ouvrées qui payent actuellement 15 francs les cent
kilogrammes.
Celle garnies d'autres métaux qui payent 25 franc les cent
kilogrammes.
Fers de première fabrication, qui payent 16 francs les
cent kilogrammes.
Fers de deuxième fabrication qui payent 50 francs.
Ceux garnis d'autres métaux qui sont tarifés UO francs.
Enfin sur tous les métaux qui ont reçu la main d'œuvre de
l'ouvrier, ou du fabricant français tel que fils de fer, tôles, •
zinc, bronze, cuivre, laiton et cuivre travaillés; et toutes les
variétés des produits métallurgiques confectionnés en Franee.
On a donc sacrifié toutes les industries françaisesquiavaient
intérêt à la diminution des droits sur ce divers articles, qui
dérivent cependant toutes de l'industrie métallurgique. Et
que demandions-nous en compensation? Nous demandions,
je le répète, une diminution sur la fonte brute, sur une matière première, la seule propre à la fabrication des aciers,
variété de fonte que la France ne possède pas, et qu'elle ne
peut même tirer que de la Sardaigne, ou de la Suède.
Nous demandions un, et nous offrions 50.
Nous sollicitions pour un objet, matière première, nous
prenions des objets fabriqués. Et cependant, la France a refusé. Cela, nous prouve, que les intérêts particuliers, en
France, étouffent les réclamations des intérêts généraux.
On ne peut c:n faire reproche ni à notre Gouvernement,
qui fait toutes les offres possibles, ni même au Gouvernement
français. Seulement, ce dernier n'a pas osé prendre une mesure énergique contre l'égoïsme de quelques hauts intéressés qui influencent l'Assemblée nationale, et qui auraient
fait repousser le traité s'il n'avait pas été conforme à leurs
vues.
Voyez plutôt les deux traités, celui de 1843et celui de 1850.
Ne dirait-on pas qu'ils n'ont été faits que pour les faiseuses
de modes et les faiseurs de livres? En effet on parait avoir
oublié tous les autres intérêts du commerce français pour ne
songer guère qu'à la propriété littéraire et aux articles confectionnés dans les magasins des élégantes modistes de Paris?
C'est-à-dire, qu'on a sacrifié à la galanterie et à un droit qui
n'est pas encore bien reconnu.
On dira peut-être que notre Gouvernement aurait dû traiter avec d'autres puissances qui n'auraient pas refusé nos
offres.
Acela je reponds qu'on ne peut pas à son gré changer les
relations commerciales. La France est le marché naturel où
s'écoulent nos produits et c'est encore d'elle que nous tirons
presque toutes nos importations.
Pour traiter avec une autre puissance, il aurait fallu avoir
quelque concession à lui demander en faveur de notre agriculture, de notre commerce. Qu'aurions-nous par exemple à
demander à 1 Angleterre? fort peu. Or pour abaisser nous
seuls les droits sur les proventions étrangères, lorsque nous
—616 —
CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1851
n'avons aucun avantage à réclamer, il me semble que nous
pouvons et devons faire les réductions par nous-mêmes, sans
nous lier par des traités.
Nous ne pouvions donc guère traiter qu'avec la France ; et
bien que le traité actuel soit loin d'arriver à ce que nous aurions désiré, il est cependant mieux que rien.
La navigation des deux nations y est traitée sur le pied àpeu-près d'une parfaite égalité.
La garantie de la propriété littéraire bien que réciproque
pour les productions des deux pays, nous serait dommageable,
parce qu'en réalité et en fait la réciprocité n'existe pas. Cette
stipulation serait à notre détriment, mais si l'on songe qu'elle
exclura plutôt les ouvrages futiles, qu'elle ne pourra atteindre les commentaires des ouvrages sérieux, on voit que cette
clause du traité est moins préjudiciable qu'elle paraît à première vue.
Nous conservons les rabais faits sur l'introduction de notre
bétail en France. On augmente les facilités, en multipiant les
bureaux d'entrée par terre et en ajoutant la voie de mer.
Enfin on réduit les droits sur la plupart des autres objets
qui constituent notre commerce d'exportation. Il n'y a
d'excepté que nos huiles et nos fontes qui aient vraiment
de l'importance.
On se plaint des concessions faites à la France.
Mais ce que l'on appelle concessions faites à la France, moi
je l'appelle réductions faites dans notre intérêt; dans l'intérêt
du grand nombre.
Je crois que nous sommes tout aussi intéressés à abaisser
les droits sur les objets de consommation qui nous viennent
de l'étranger, qu'à obtenir de l'étranger l'abaissement sur les
objets que nous lui vendons.
Ainsi lorsqueje pars des Etats sardes avec valeurs iOOfrancs
pour les vendre en France, je m'inquiète peu que la douane
sarde ne me perçoive que t franc de droit de sortie et que la
douane française m'en prenne 19, ou bien au contraire que ce
soit la douane sarde qui à la sortie m'ait pris 19francs et celle
de France seulement 1 franc.
Ce qu'il y aura de positif pour moi, c'est qu'on m'aura
pris en tout 20 francs sur mon exportation, et que je n'arrive
sur le marché français qu'avec la valeur 80 francs.
Puis si avec ces 80 francs, j'achète des produits français,
je m'inquiéterai peu qu'à la sortie de France, la douane de
cette puissance me perçoive seulement un franc sur la marchandise achetée, et que la douane sarde m'en prenne 19 : ou
vice-versâ, que la première m'ait perçu un droit de sortie
de 19, et la seconde seulement un franc.
Le positif est que sur cette marchandise on m'aurait de
nouveau perçu 20 francs. C'est-à-dire au résumé que le positif pour moi est qu'on m'a pris 20 francs sur mon exportation
et 20 francs sur mon importation. C'est-à-dire qu'étant parti
des Etats sardes avec valeurs iOOfrancs je suis de retour
avec valeurs 60 francs.
La perte réelle pour moi est de 40 francs que les douanes
ont prélevés sur les échanges que j'ai faits avec la France.
Mais que celte différence de 60 francs m'ait été prise à la
sortie ou à l'entrée sur la vente ou l'achat sur mon importation ou sur mon exportation, par la douane sarde ou par la
douane française, en totalité par l'une d'elles, ou entr'elles
deux, par égales parts ou dans des proportions différentes,
je répondrai toujours que ce qu'il y a de bien positif pour
moi, c'est qu'étant parti avec 100 francs de valeurs, je reviens avec 60 francs, et que les douanes m'ont perçu hO
francs.
Ce raisonnement est applicable àtout le commerce d'exporv
tation que nous faisons avec la France sur une si grande
échelle.
Dans les produits du pays, il faut bien faire la différence
entre ceux quenousexportons et ceux que nous consommons
à l'intérieur. Tâchons de vendre les premiers tant que nous
pourrons, ce sera l'avantage de la nation, parce que le prix
est payé par l'étranger ; mais quand il s'agit d'une production
que nous consommons sans en exporter, je dis que la cherté
du prix qui profiteauproducteur est faite au détriment du consommateur du pays. Or, qu'est-ce que le consommateur, si
ce n'est un producteur lui-même?
Avec quoi le consommateur de vin achetera-t-il de cette
boisson? Avec son grain, avec son bétail, son riz, son huile,
ses fruits, son travail et ses sueurs.
Le producteur de vin ne veut pas de la concurrence des
vins de France, et pourquoi? Parce qu'il entend vendre les
siens à un prix plus élevé aux autres producteurs. Ce sont
quelques provinces vinicoles qui réclament leurs f ueros,
en préjudice des provinces qui l'achètent. Et elles ont la prétention de nous prouver que la nation a intérêt à maintenir
leur antique privilège de vendre cher leur vin.
Mais à côté de ces provinces sont d'autres provinces qui
réclament en sens inverse; à côté du producteur est le consommateur ; à côté du petit nombre, se trouve le grand nombre, qui réclame l'abaissement du prix des vins.
Touchant la crainte que l'on manifeste de voir les vins français faire concurrence aux nôtres, je crois qu'il convient de
faire une distinction entre les vins communs et les vins fins.
Les vins communs ne pourront faire concurrence aux nôtres, parce que le droit de 10 francs par hectolitre auquel
il faut joindre les frais accessoires delà douane et ceux de
transport, assure une protection suffisante aux vins indigènes. Ce ne serait donc que lorsque la récolte manquerait chez
nous que les vins français arriveraient.
Mais i! en devrait être autrement, que toujours il serait
vrai de dire que l'intérêt du consommateur étant en présence
de celui du producteur, on ne comprendrait pas le motif pour
lequel on maintiendrait au producteur le privilège exclusif
de vendre plus cher au consommateur un produit qu'il pourrait avoir à meilleur marché de l'étranger.
La différence de prix est un impôt réel que le producteur
du vin perçoit sur les autres producteurs indigènes. Chacun
achète avec ses produits. Comment viendrez vous à bout de
persuader à tous ces producteurs, qu'ils ont intérêt ou qu'ils
ne perdent pas lorsque vous leur réclamez trois hectolitres
de blé contre trois hectolitres de vin, tlndis que le producteur
français leur livrerait la même quantité de vin pour deux
hectolitres de blé? Ils vous diront avec raison qu'ils perdent
un sac, soit un hectolitre en achetant de vous, et que votre
privilège, en écartant la concurrence étrangère, n'a pas encore eu la vertu de faire rendre à leurs champs l'hectolitre
de blé que vous leur prenez en plus, pas même un grain de
plus.
Ce privilège que réclame aujuord'hui le producteur de vin,
demain le producteur de blé, de riz, de bestiaux de vêtemens
vous le réclameront à leur profit, et en faisant droit à leurs
réclamations nous finirions par payer très-cher tous les objets
de première nécessité, et, ce qui serait pis, une partie de la
population serait réduite à se passer de vin, de pain, et de
vêtemens. Le Gouvernement sera tout autant autorisé à augmenter aussi le prix du sel.
Et il ne faut pas se le dissimuler, le vin est aussi nécessaire
à la classe ouvrière que le pain et le sel; en effet, quelle que
soit la nourriture de l'ouvrier, il éprouve peu de privation,
—617 —
TORNATA DEL 22 GENNAIO 1851
et conserve toute son énergie s'il peut l'arroser d'un litre de
vin : il aura beau au contraire avoir du sel et du pain et
d'autres aliments, s'il n'a pas de vin, le travail sera pesant et
sans attrait pour lui.
Or, cet ouvrier que l'on veut obliger à payer le vin hQ
centimes le litre, lorsqu'il pourrait l'avoir pour 2b centimes
vous dira que souvent il lui manque ces 15 centimes que
vous lui réclamez en plus. De quel droit le condamnez vous
à se priver d'un objet de première nécessité pour lui? Lui
augmenterez-vous sa journée d'autant, de 1S centimes par
jour, pour réparer ce déficit? Certainement non.
Quant aux vins fins de France, nous n'en avons pas de semblables chez nous; nous "l'avons donc aucune concurrence à
redouter. Il est vrai qu'il est des gens qui disent au consommateur du pays qui désire boire du Champagne : buvez du
Barolo', à celui qui préfère le Bourgogne: buvez du Nebiolo;
a celui qui demande du Bordeaux : buvez devin d'Asti. C'est
ainsi que l'on entend conserver aux gens la plénitude de leur
liberté.
Du reste cette prétention pour les vins fins n'est pas plus
ridicule que celle relative aux vins communs lorsqu'on entend qu'une partie de la population en soit privée, et soit
condamnée à boire de l'eau, genre de punition qui est tolérable à l'école du village, mais qui ne doit pas figurer dans
le Code pénal de l'économie politique.
Du reste l'abaissement des prix amènerait une consommation beaucoup plus grande, en mettant ce liquide à la
portée d'un plus grande nombre de fortunes.
Une considération qui ne doit pas être étrangère non plus
aux débats, c'est qu'une plus grande introduction de vin français, malgré la diminution de droits, augmenterait les recettes de la douane; et dans l'état où sont nos finances, cette
considération n'est pas à négliger.
Maintenant je parlerai de la Savoie ; on en a déjà parlé fort
souvent. Chacun en a parlé et l'a fait parler suivant ses vues.
Je vais aussi en par er à ma manière, et pour commencer,
je dirai qu'il y a deux Savoies : une qui est composée des
privilégiés, et une autre qui a payé tous les frais du système
protectionniste. Je n'ai pas à m'oceuper de la première, car
elle a déjà eu assez de défenseurs. Je m'occuperai de celle
qui jusqu'ici a payé tous les frais de la protection.
Cette Savoie vous dit que jusqu'à présent on lui a fait
payer le objets de consommation très-cher ; on lui promettait avec ce système la richesse et la fortune, et cependant
en payant plus cher, chaque article de consommation elle
s'est appauvrie tandis que les provinces voisines se sont
considérablement enrichies. C'est ainsi que vous voyez le paysan de nos petites provinces porter encore en été un habit
grossier de laine lorsque le paysan français et suisse va vêtu
dans cette saison d'etoffes de coton.
Ce sont les douanes qui ont appauvri la Savoie ; elle a
vendu moins ses produits sujets àl'exportation, à concurrence
des droits de douane étrangère ; mais ce sont surtout les
droits exhorbitants qu'elle a payés sur les objets de consommation qu'elle tirait du dehors qui l'ont ruinée.
La Savoie dont je défends ici les intérêts se plaint de ce que
la protection des douanes l'ait soumise à payer tant d'impôts
indirects sur la consommation, la plupart, objets de première nécessité; le Gouvernement lui perçoit un impôt sur la
consommation du sel, le producteur du vin sur ce liquide, le
fabricant de draps, d'étoffes sur ses vêtements. Car, pour la
Savoie dont je parle, il n'y a pas de différence entre l'impôt
qu'il paye sur le sel et celui qu'il paye sur les autres articles
de sa consommation.
SESSIONS BEL 1851 —CAMÉRA DEI DEPUTATI — Discussion*
78
Quand on paye plus cher un article de première nécessité,
il y a impôt : peu importe que cet impôt soit perçu par le
Gouvernement, par une compagnie, par une maison de commerce, par un ou plusieurs nationaux. Ce n'est pas la personne qui reçoit la surtaxe mais bien la surtaxe elle-même
qui constitue la réalité de l'impôt.
Ainsi lorsque je paye le vin, le fer, les vêtements plus cher
au producteur indigène que je ne les aurais payés à
un producteur étranger, je dis que je paye un impôt. Et
qu'importe au fond que ce soit le Gouvernement ou des particuliers qui le perçoivent?
Si le Gouvernement cédait la vente du sel et son monopole
à un individu, ou à une compagnie, est-ce que la surtaxe qui
pèse su cet objet de consommation cesserait d'être un impôt
parce que se serait un particulier ou une compagnie qui la
percevrait pour lui ?De même si le Gouvernement exerçait
sur les autres objets de consommation , tels que vins, fers,
tissus, le même monopole que sur le sel, et qu'il le mît aux
lieu et place des vendeurs actuels. Ce monopole serait pour
les consommateurs, c'est-à-dire pour toute la population
un véritable impôt. Qu'importe à cette population que le
monopole soit exercé par le Gouvernement et par quelques
producteurs indigènes, en vertu d'un tarif des douanes ou de
tout autre privilège ? Le positif pour elle est qu'elle paye
plus cher ces objets que si le commerce en était libre; c'està-dire qu'il y a impôt. Il ne s'agit pas même de savoir si le
vendeur profite de cet impôt.
Ainsi lorsque le producteur du pays me vend 30 francs un
hectolitre de vin que le producteur français m'aurait donné
pour 20 francs, je dis que pour moi j'ai réellement perdu
10 francs par l'effet du régime protecteur qui favorise le producteur indigène. Ces 10 francs sont un impôt. Maintenant
que je paye ce prix au Gouvernement ou à un particulier ou
à une collection de particuliers, je tiens peur certain que
tous les consommateurs à mon instar ont payé un impôt réel
de 10 francs.
Ce que je dis de l'élévation des prix du vin, je l'applique à
tous les autres articles de ma consommation.
Il est certain que la Savoie dont je parle aurait eu un grand
avantage, si dans les tentatives qui avaient été faites relativement à ce traité, on avait pu obtenir des rabais à la douane
française pour l'exportation de nos produits; il est certain,
dis-je, pour cette Savoie, que si elle avait vendu 120 francs
ce qu'elle vend aujourd'hui 100 francs, elle aurait gagné
20 francs.
Mais aussi elle ne comprend pas qu'elle puisse avoir intérêt à payer 100 francs les objets de sa consommation qu'elle
pourrait avoir à 80 francs. Or il est certain que si l'on diminue les droits pour ies objets de consommation, nous payerons moins, nous aurons une différence toujours en relation
avec les prix des pays étrangers.
En effet la richesse des nations ne consiste pas seulement
à vendre le plus cher possible, elle consiste aussi à acheter
au meilleur marché possible les objets de consommation.
Or, puisque nous n'avons pas pu obtenir de vendre plus
cher, nous devons au moins chercher à acheter à bon marché.
La Savoie au nom de laquelle je parle, trouve comme monsieur Despine que le traité ne lui fait pas de mal; alors
pourquoi l'attaquer et le repousser? Mais elle va plus loin,
elle voit que le traité lui est avantageux sous plusieurs rapports:
1° Il maintient le rabais fait sur l'introduction de notre
bétail en France par le traité de 18ii5.
2° Il augmente les facilités de cette introduction.
CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1851
3° Il abaisse les droits d'entrée sur nos fruits frais, et la
Savoie en exporte quantité,
4° Il réduit les droits réciproques qui pèsent sur i'achatet
la vente des mulets. C'est-à-dire que lorsque nous en vendrons à la France, nous profiterons de l'abolition du droit de
sortie à la douane sarde tt de la réduction de 15 francs à 6
francs à l'entrée en France. Lorsque nous en acbeterons de
la France, nous profiterons également de l'abolition du droit
de sortie à la douane frarçaise et de la réduction à l'entrée
en Savoie.
5° La Savoie exporte une certaine quantité de petites peaux
sèches d'agneaux et de chevreaux. Elle vendra donc d'avantage cet article à concurrt nce de la réduction des deux tiers
à notre douane et de l'abolition du droit d'entrée en France.
6° La Savoie consomme plus que les autres provinces des
eaux-de-vie et de vins de provention française. Il s'en suit
qu'elle profitera plus que tout antre de l'abaissement de
droits sur ces boissons. Ainsi si la Savoie payait annuellement
300 mille francs pour cet article de sa consommation, frais
de douane compris, et que les réductions douanières lui permettent de se procurer les mêmes quantités pour 250 mille
francs, la Savoie dont je m'occupe, croirait avoir gagné 50
mille francs.
V La Savoie exporte plus de soies grèges que les autres
provinces, parce qu'en Piémont on les réduit en trames et en
organsins avant de les exporter en France. La réduction de
50 centimes faite sur la sortie de cette production profite
donc à la Savoie plus qu'au Piémont, en assimilant les soies
grèges aux autres soies qui ont déjà reçu un commencement
de main-d'œuvre.
8° Les bouteilles payent 5 francs d'entrée par la frontière
de Savoie. Ce droit se trouve réduit à moitié. La Savoie qui
fait grand usage de bouteilles se trouve encore favorisée par
celte réduction.
L'on a dit que les vins français viendraient faire une concurrence nuisible aux nôtres et que les vins du Dauphiné inonderaient notre pays. D'abord, comme je l'ai dit tout à l'heure,
je ne crois pas que cette inondation puisse avoir lieu, parce
que le droit de 10francs par hectolitre est suffisamment protecteur.
Quant aux vins du Dauphiné, j'en ai observé les prix depuis une douzaine d'années et j'ai vu que la différence n'est
que d'un quart ou d'un cinquième en moins comparativement à celui de la Savoie. Or, avec ce quart ou ce cinquième
que les frais de transport absorbent, les vins duDauphiné ne
pourront jamais faire concurrence avec les nôtres.
La Savoie, dont je m'occupe, vous dira que le système protecteur qui a favorisé les producteurs de vins a été cause de
deux inconvénients: premièrement, les vins qui se trouvent
dans des conditions favorables on les a vendus beaucoup trop
cher; puis on a forcé la culture de la vigne dans des localités
qui n'auraient jamais été totalement converties en vigne
sans le droit protecteur.
II est souvent arrivé qu'on a planté la vigne dans des localités qui étaient tout-à-fait défavorables ; ainsi, par exemple,
dans la commune de Mollettes, pays privilégié, situé au nord,
qui ne voit le soleil qu'une partie de l'année. On est venu à
bout de convertir des marais en vignobles.
Bientôt on viendra encore nous demander des droits protecteurs pour les produits coloniaux. Le système protecteur
qui a déjà opéré tant de miracles en fait de vignes pourrait
bien encore nous doter de la culture des denrées coloniales.
Pourquoi pas? La vigne est bien venue chasser du marais des
Mollettes les paisibles habitants qui l'habitaient depuis des
siècles; pourquoi à leur tour les produits coloniaux ne viendraient-ils pas arracher Sa vigne et la naturaliser aux Mollettes? On viendrait encore nous réclamer des droits protecteurs pour ce qu'on appellerait nos sucres, nos cafés, nos
cannelles, nos girofles? Et si l'on juge de la bonté future de
ces nouvelles productions par la qualité de vins actuels des
Mollettes, onest assuré que la protection la plus absolue ne
saurait les garantir de la concurrence.
On nous a dit que les vins français nous feraient une concurrence nuisible. Messieurs, il n'y a de nuisible, en matière de vins, que ceux qui sont de mauvaise qualité. Quand
le vin est bon, il est bienfaisant; tel est le vin français.
Si la Savoie privilégiée craint pareille inondation, celle
dont je m'occupe, semblable à une prairie desséchée, ne
craint rien de pareille inondation: elle ne craindrait peutêtre même pas un déluge complet. Elle aime àboire du bon
vin et à bon marché.
Quant aux vins fins, la Savoie, pas plus que le Piémont,
n'aurait à craindre de la concurrence française; premièrement, parce que nous avons peu de localités qui en produisent en quantité suffisante pour notre consommation. Les
localités qui donnent des vins fins en Savoie, ont si peu d'étendue, que les propriétaires gardont ces vins dans leurs cave?., et n'en remettent que par grâce à leurs amis, et à leurs
connaissances, desorte que le commerce ne peut pas en avoir.
Ensuite nos vins fins ne ressemblent en rien aux vins fins
de France; nous n'avons ni Champagne, ni Bourgogne,
ni Bordeaux, et on ne peut forcer personne à boire des vins
autres que ceux qu'il désire; autant vaudrait dire à celui qui
a faim: buvez, et à celui qui désire boire du vin, buvez de
Veau.
La Savoie du privilège vous dit: comment payerons-nous
nos nouveaux impôts, nos nouvelles charges, si vous amenez
l'abaissement du prix du Yin? La Savoie qui subit le privilège vous dit àson tour: comment pourrons-nous nous charger
de nouvelles contributions, si vous nous obligez à donner
trois hectolitres de blé pour avoir la même quantité de vin
que les français me donneraint pour deux hectolitres? Tous
vos raisonnements ne parviendront à la convaincre qu'il y
ait un avantage à payer trois ce qu'on peut avoir pour deux.
Elle vous dira encore: le producteur devin du pays me
vend 50 francs un hectolitre de vin que le producteur
français me donnerait pour 20 francs. Ces 10francs de différence m'aideraient bien à payer mes contributions. Mais
quand j'ai donné ces 10 francs au producteur de vin, je ne
les ai plus pour les remettre au percepteur. Abolissez le privilège de ce producteur qui rançonne mes produits à moi, et
vous me mettrez à même de mieu?; payer mes impôts.
Indépendamment, lorsque je paye 30 francs le vin que je
pourrais avoir pour 20 francs, il est certain que je perds
réellement 10 francs qui sortent de ma bourse pour aller
dans celle du propriétaire. Et à ce propriétaire, le consommateur pose ce dilemme : le vin que vous me faites payer 30
francs, pourriez-vous me le céder à 20 francs, c'est-à-dire an
même prix que la France? Oui ou non ?
Si vous le pouvez, j'ai le droit de vous regarder comme un
voleur, parce que vous avez abusé d'undroit protecteur pour
me faire payer 30 francs ce que vous pouviez me livrer à 20
francs. Si au contraire, vous ne le pouviez pas, parce que les
frais de culture s'élèvent plus haut, alors il y a perte réelle
pour la société de 10 francs, parce que moi j'ai réellement
perdu 10 francs en achetant de vous, et vous vous ne les
avez pas gagnés.
Maintenant je finirai en demandant quelles seraient les
TORNATA DEL 22 GENNAIO 1851
conséquences d'un refus de sanction au traité. Les voici selon moi :
Nous froisserions la nation française qui a quelques intérêts engagés pour son agriculture et son commerce.
Nous perdrions les concessions faites par le traité de 1843
et renouvelé en 1850; nous pourrions nous exposer à des
représailles de la France; ainsi elle pourrait frapper nos riz
d'un droit égal aux autres riz qui sont taxés 7 francs.
J'accepterai donc le traité, d'abord pour les avantages qu'il
nous procure, puis parce qu'il fait un pas léger vers la liberté
du commerce, facilite les échanges des deux nations, et resserre en outre les liens qui nous unissent déjà sous d'autres
rapports avec un grand peuple dont la bienveillance et les
sympathies nous sont acquises.
biakchebi. Signori, io parlo esclusivamente sul trattato
di navigazione.
Allorché il Ministero chiedeva alla Camera l'autorizzazione
di prorogare il trattato del 1843, onde intavolare nuovi negoziati colla Repubblica francese, io, facendomi l'interprete
dei bisogni delle provincie meridionali della riviera di Genova
e del contado di Nizza, bisogni da lungo tempo sentiti e mai
soddisfatti, richiamai l'attenzione dei signori ministri sulla
sorte di quelle popolazioni, invitandoli principalmente a condurre le trattative in modo da ottenere che venissero diminuite
le enormi tasse di dogana e differenziali, che la Francia mantiene sugli olii d'ulivo, prodotto secondario dello Stato, e
quasi unico di quelle numerose provincie.
Sorgeva allora il ministro di agricoltura e commercio, dichiarando come fosse intenzione del Ministero di nulla trascurare, perchè Sa condizione di quelle popolazioni venisse
migliorata, e l'onorevole deputato di Cavour, che in oggi
tiene degnamente quel portafoglio, si univa meco a considerare che quei prodotto era meritevole di speciale riguardo. *
A fronte di queste formali dichiarazioni fatte in allora dal
signor ministro di agricoltura e commercio, non è senza sorpresa che, riandando le varie disposizioni del nuovo trattato,
dovetti rilevare che questo importante prodotto era stato totalmente messo in disparte, e che per lo contrario tutti gli
studi e le premure del Ministero si erano efficacemente rivolti ad ottenere nuove facilitazioni su qualche prodotto del
Piemonte, pei quali si era già competentemente provvisto col
trattato del 1843.
II signor ministro degli esteri non potendoci dissimulare
l'importanza di questa lacuna, ha creduto doversene scusare,
adducendo il sistema protezionista del Governo francese, e
la impossibilità di persuaderlo alla benché minima concessione.
Senza mettere in forse ie parole del signor ministro, io
credo che la Camera, allo stato delle cose, non possa così di
leggieri acquietarvisi e molto meno rimaner persuasa di questa pretestata impossibilità, ben sapendo ognuno di noi come
le negoziazioni avrebbero potuto condursi in modo da interessare la Francia stessa alle concessioni e riduzioni da noi
desiderate.
Però io devo dichiarare anzitutto che, ove questa fosse la
sola pecca del trattato in discussione, mi sarei volentieri astenuto dal combatterlo, pel semplice riflesso che la condizione
di quelle provincie e l'avvenire del nostro paese, se si fosse
potuto migliorare, non si sarebbe almeno compromesso.
Ma ben altri sono i difetti di questo trattato, imperocché
le concessioni fatte dal nostro Governo alla bandiera francese
sono tali che, qualora venisse posto in esecuzione, arrecherebbe grande scapito alla nostra marina, al nostro commercio
ed alle nostre produzioni.
Sotto questo punto di vista, come voi ben sentite, o signori, gli sforzi e le dichiarazioni dei nostri negoziatori non
possono bastare per appagarci, e la Camera, penetrandosi
dei veri interessi nazionali, non deve approvare il nuovo
trattato, considerando principalmcate che se da una parte
stava in facoltà del Governo francese, rinserrandosi nel suo
gretto sistema di protezione, di assentire o non assentire
alle facilitazioni da noi richieste, Ta dall'altra dovere strettissimo dei nostri signori ministri di difendere l'onore della
nostra bandiera, di tutelare le franchigie di cui già godeva
il paese e di non sottoscrivere mai a condizioni troppo onerose ed antinazionali.
Per queste ragioni principalissime io sorgo a combattere
il trattato nelle nuove disposizioni che contiene, e mi lusingo
di persuadere la Camera che non è nella dignità e nell'interesse della nazione di accettarlo.
Dovendo la Camera pronunciarsi per l'accettazione o non
accettazione de! trattato, onde formarsi un giusto criterio
e poter misurare tutta l'importanza del suo voto, io credo
che la questione debba esaminarsi sotto due aspetti differenti.
< Si deve esaminare in primo luogo quali sieno le nuove disposizioni di questo trattato, e quali ne saranno gli effetti e
le conseguenze qualora venisse messo ad esecuzione. Si deve
esaminare in secondo luogo quale possa essere lo stato e la
condizione del nostro paese in caso di rifiuto.
Riguardo alla prima delle proposte indagini, io mi proverò
di dimostrarvi che il nuovo trattato viola e disconosce il principio di reciprocità, a pregiudizio della nostra bandiera, e che
laddove questa reciprocità è mantenuta, riesce affatto illusoria
per noi, e solamente vantaggiosa per la Francia.
Dimostrerò inoltre che colle nuove clausole di questo trattato si priva la nostra navigazione ed il commercio dei vantaggi più rilevanti di cui godeva col trattato del 1843. Si con*
cedono alla Francia tali esenzioni da scapitare le produzioni
agricole e le industrie del nostro paese, e ci esponiamo ad
una concorrenza rovinosa ed impossibile a sostenersi.
Sulla seconda questione io vi dimostrerò non essere probabile né verosimile che, rifiutando questo trattato, la Francia voglia offendersene e respingere ulteriori trattative con
noi. Che in ogni caso la nostra condizione materiale e la
dignità della nostra bandiera sarà meglio garantita col solo
diritto comune che col trattato proposto alla vostra sanzione.
Imprendo a discutere una convenzione che concerne ad
interessi puramente materiali, e che non era in facoltà del
nostro Governo di modellarsi a suo talento ; io prescindo da
ogni considerazione politica, e faccio astrazione dalla questione di Gabinetto stata inopportunamente eccitata nella tornata di ieri.
Io porto in seno della Camera il tributo delle mie sincere
convinzioni, e non ho altro di mira che l'onore della nazione
e la prosperità del paese.
In questo difficile assunto, stante la vastità e la delicatezza dell'argomento, io sento tutto il bisogno, o signori,
della vostra indulgenza, e per non abusare soverchiamente
mi restringerò ai punti più rilevanti e di interesse generale.
Sul primo punto. La base su cui riposano tutte le convenzioni internazionali, massime allorché si rapportano ad interessi materiali, si è quella della reciprocità e parità di trattamento fra le parti contraenti. Fuori di questo principio non
vi può essere perfetto equilibrio nè giusti rapporti d'interesse, e la dignità di quella fra le parti che consentisse ad
— 620
—
CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1851
essere trattata diversamente ed inferiormente ali' altra verrebbe senz'altro compromessa.
Ora date uno sguardo alle varie disposizioni del nuove
trattato ; ravvicinatele le une colle altre, e confrontandole
assieme vi persuaderete facilmente che il diritto di reciprocità non sussiste nella sua pienezza, e che nelle parti in cui
è conservato diventa illusorio per noi nella sua pratica ap*
plicazione.
Diffatti, cogli articoli 2 e 3 di questo trattato che ognuno
può leggere, la reciprocità e la parità di trattamento fra le
due bandiere sarda e francese è sancita in modo perfetto, ma
viene limitata all'intercorso diretto fra i porti della Sardegna
e quel di Francia, e viceversa. In guisa che, per quanto
concerne i navigli sardi, la reciprocità ed i vantaggi che ne
dipendono ha luogo soltanto per quei bastimenti che dai
porti della Sardegna si recano direttamente in quelli di Francia, e ne restano conseguentemente esclusi tanto quelli che
toccassero nei porti di altre nazioni estere, quanto quegli
altri che partendo dai nostri porti si recassero direttamente
nei porti dell' Algeria e delle altre possessioni francesi in
Africa.
Essendosi adottato con detto articolo 2 questo sistema di
reciprocità ristretta all'intercorso diretto perambiduele bandiere, sembra assai logico e ragionevole che se i nostri navigli non possono fare l'intercorso indiretto, e neppure andare in Algeria e nelle altre possessioni francesi senza essere
considerati e trattati come navigli esteri, così per diritto di
reprocità anche i bastimenti francesi provenienti dai porti
dell'Algeria e dell'Africa dovessero, giungendo nei porti della
Sardegna, ricevere il trattamento che si accorda alla bandiera
estera.
Eppure, sebbene l'articolo 2 sia concepito nei termini di
una perfetta reciprocità, l'articolo 13, numero i dell'istesso
trattato stabilisce una diversa condizione a tutti i bastimenti
francesi che dai porti di Francia vanno in Algeria e inAfrica,
e di là ritornano nei porti della Sardegna.
E per verità si-legge a detto articolo 15, numero 1 :
« Il est en outre convenu que les navires français faisants
l'intercours entre les ports sardes et l'Algérie seront en tout
en Sardaigne placés sur la même ligne que les bâtiments
français se livrant à l'intercours direct entre les ports français et les ports sardes. »
Ora, quai sia il trattamento che si accorda ai bastimenti
francesi provenienti dalla Francia sta scritto negli articoli 2
e 3 del trattato, quello cioè di trattarli in tutto e per tutto
come i nostri, e di non assoggettarli a maggiori diritti di
quelli che devono pagare i bastimenti nazionali.
Ecco dunque dimostrato che per quanto concerne il commercio e la navigazione colì'Algeria e colle possessioni d'Africa, il nuovo trattato assicura ai bastimenti francési questi
due vantaggi: 1° quello di poter fare ì'intercorso indiretto
tra la Francia, l'Algeria, l'Africa e la Sardegna; 2° quello di
essere in tutto e per tutto pareggiati ai nostri. Vantaggi che,
come già abbiamo osservato, non si concedono, ed anzi si
ricusano espressamente ai navigli sardi che volessero recarsi
in Algeria, e di là nei porti di Francia.
Quindi il principio delle reciprocità è violato, e, quel eh'è
peggio, in forza di queste nuove disposizioni, i nostri navigli dovranno stare molto al disotto dei bastimenti francesi, ai
quali sarà riservata tutta la navigazione e tutte le operazioni
commerciali tra i nostri Stati e l'Algeria.
Così parimente dopo essersi convenuto all'articolo 5 del
trattato che i navigli delle due nazioni dovranno in tutte le
loro operazioni^ tanto di caricamento che di scaricamento
delle merci nei due Stati, essere pienamente parificati, ed
essere trattati sul piede di una eguaglianza perfetta, si è poi
stipulato all'articolo 12, numero H dello stesso trattato, che
i pesci marinati trasportati con bandiera sarda dovranno pagare all' entrata in Francia lire 100 per ogni 100 chilogrammi, e viceversa trasportati colla bandiera francese non
pagheranno che lire 93 in luogo di 100.
Come va dunque che nel mentre si stabilisce per regola invariabile una parità perfetta tra le due bandiere, si
viene ad imporre la bandiera nostra di un diritto più forte
di quello che pagherà la bandiera francese trasportando la
stessa merce per la stessa destinazione?
Si dirà che qui si tratta di un diritto di entrata sulle
merci e non sulla bandiera, e che i diritti differenziali sieno
stati mantenuti; ma io rispondo: la disposizione di cui si
tratta non mantiene, ma stabilisce un nuovo diritto differenziale, ed a questo proposito ci diceva ieri l'onorevole
ministro che il Governo ha voluto fare scomparire dal secondo alinea dell' articolo 1 del trattato la parola établir. A
che giova che si sia tolta questa parola dall'articolo 1, se poi
coli'articolo 2 dell'istesso trattato si opera diversamente?
Noi non possiamo comprenderlo, e ci riserviamo di ritornare su questo argomento.
D'altra parte, in tutte le riduzioni da noi fatte alla Francia circa i diversi diritti di dogana sugli spiriti, sui vini,
sugli oggetti di moda, e sugli altri generi enunciati nell'articolo 12, non si è fatta differenza alcuna tra la bandiera
nostra e la bandiera francese; perciò ragion voleva, eia
conservazione del principio esigeva, che il Governo francese
ne facesse altrettanto verso di noi. Da ciò si vede chiaramente che colle accennate disposizioni il principio di perfetta
reciprocità e di eguaglianza venne sostanzialmente violato
pter favorire la Francia a pregiudizio della nostra marina.
Vediamo ora quali sono in pratica i risultati della reciprocità laddove venne stipulata, ed anzitutto prendiamo ad
esaminare l'articolo 10 del trattato.
Leggiamo il detto articolo 10 :
« Les paquebots à vapeur affectés à un service régulier
et périodique, qui feront escale dans le port de Gênes, continueront à être assimilés au pavillon sarde.
a Les paquebots à vapeur sardes affectés à un service régulier et périodique, qui feront escale dans le port de Marseille et de Port-Vendre (ou Cette), seront assimilés au pavillon national. »
Ecco stabilita una parità perfetta ed una reciprocità.
Ma in primo luogo io osservo che per quanto concerne i
vapori francesi, questa reciprocità sarà di un vantaggio immense alla Francia, perchè, come tutti sanno, molte compagnie francesi si sono stabilite, e non ostante che esse fossero
soggette a tutti idiritti di navigazione che hanno sempre gravato fin adesso sulle bandiere estere, questo commercio si
continuava periodicamente; quindi non era nel nostro interesse di alleggerire questo diritto, e molto meno di toglierlo, se non in quanto che da questa abolizione ne fosse
risultato qualche vantaggio al nostro naviglio.
Ora, dove abbiamo noi bastimenti a vapore che facciano
un servizio periodico tra la costa di Spagna, del Portogallo
o nell'Oceano ?Noi non ne conosciamo certamente; forse se
ne potranno stabilire in appresso, ed allora sarebbe stato
il caso di accordare questa reciprocità che avrebbe profittato
anche qualche cosa per noi. Ma fino a tanto che questo servizio non è stabilito (e credo che ne sia ancora ben lontano
il tempo) noi avremo accordato alla Francia un vantaggio di
cui non possiamo profittare noi stessi.
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TORNATA DEL 2 2 GENNAIO
V e n i a m o agli articoli 1 , 2 , 3 e 5 del t r a t t a t o .
Cogli articoli 2 e 3 si è stipulata u n a p e r f e t t a r e c i p r o c i t à
e parità di t r a t t a m e n t o f r a la b a n d i e r a s a r d a e la f r a n c e s e , e
si sono r a d i c a l m e n t e aboliti t u t t i i diritti di q u a l u n q u e s p e cie, e sotto ogni d e n o m i n a z i o n e , che p e s a n o sullo scafo del
bastimento.
Oltre di ciò, cogli articoli i e 5 si è stabilita una piena ed
i n t e r a l i b e r t à di c o m m e r c i o f r a i d u e Stati, e si è e s p r e s s a m e n t e c o n v e n u t o che t u t t i i p r o d o t t i del suolo, ed altri o g getti di c o m m e r c i o , p o t r a n n o e s s e r e e s p o r t a l i ed i m p o r t a t i
coi navigli delle r i s p e t t i v e b a n d i e r e , e si è detto i n o l t r e che
le merci i m p o r t a t e nei porti rispettivi p o t r a n n o e s s e r e poste
in c o n s u m a z i o n e , ovvero in t r a n s i t o alla r i e s p o r t a z i o n e , o v v e r o in entrepôt, senza e s s e r e s o g g e t t e a v e r u n maggior dir i t t o di quelli che si p a g a n o p e r le merci t r a s p o r t a t e con bas t i m e n t i nazionali.
Si è p e r ò f a t t a eccezione, p e r q u a n t o c o n c e r n e i diritti
differenziali di d o g a n a , che ciascuno dei d u e Stati stimasse
u t i l e di m a n t e n e r e a l l ' i m p o r t a z i o n e delle m e r c i con b a n d i e r a
diversa dalla nazionale.
P r e m e s s e q u e s t e disposizioni, p e r le quali si m a n t i e n e la
reciprocità p e r f e t t a f r a i d u e Stati, m e n o per q u a n t o c o n c e r n e
i d i r i t t i , ossia le s o p r a t a s s e differenziali di dogana a l l ' e n t r a t a
delle m e r c i , i m p o r t a di farsi u n ' i d e a esatta della nostra situazione in p u n t o di d o g a n e , c o m e p u r e dei diritti di navigazione che si p e r c e v o n o nel p o r t o di Marsiglia.
Quanto alla nostra m a r i n a , tutti s a n n o che i nòstri p o r t i
nel M e d i t e r r a n e o si r i d u c o n o a d u e , cioè quello di Genova e
q u e l l o di Nizza ; e t u t t i s a n n o p a r i m e n t e che nel p o r t o di
Nizza, e in t u t t o q u e l c o n t a d o , n o n si conoscono leggi d o g a n a l i , essendovi piena f r a n c h i g i a da tali d i r i t t i ; ed in q u a n t o
al p o r t o di Genova si sa p a r i m e n t e che ivi sono stabiliti vasti
magazzini che v e n g o n o sotto il n o m e di porto franco,
dove
possono depositarsi e v e n d e r s i le m e r c i senza p a g a m e n t o di
a l c u n d i r i t t o di d o g a n a .
Viceversa è n o t o come in n e s s u n p o r t o della Francia le
m e r c i vadano e s e n t i dai d i r i t t i di dogana a l l ' e n t r a t a , e c o m e
eel p o r t o di Marsiglia, e p e r un f a v o r e speciale a quella città
c o m m e r c i a n t e , i b a s t i m e n t i e s t e r i sieno e s e n t i dai d i r i t t i di
tonnellaggio, ed altri di navigazione p r o p r i a m e n t e d e t t i , dei
quali si è stipulata l'abolizione con r e c i p r o c i t à ,
In q u e s t e circostanze è facile di avvedersi che la soppressione di t u t t i i d i r i t t i di navigazione t r a le d u e b a n d i e r e ,
s t a n t e la f r a n c h i g i a del p o r t o di Marsiglia con cui facciamo
quasi t u t t o il c o m m e r c i o , riesce di poco o nessun profitto p e r
noi ; e viceversa molto utile p e r la m a r i n a f r a n c e s e ; e si
c o m p r e n d e altresì facilmente come il m a n t e n e r e i diritti d i f ferenziali di dogana q u a n d o noi li a b b i a m o aboliti, e q u a n d o
non siamo in g r a d o di s t a b i l i r n e , sia u n a vera d e r i s i o n e , ed
anzi u n voler d a r e u n ' a r m a alla F r a n c i a , colla q u a l e possa
e s c l u d e r e c o m p l e t a m e n t e il n o s t r o naviglio da ogni o p e r a zione.
Ed in v e r o , p e r farsi u n ' i d e a della vera situazione in cui ci
p o n e il t r a t t a t o , e delle c o n s e g u e n z e che r i s u l t e r a n n o p e r la
n o s t r a navigazione, pel n o s t r o c o m m e r c i o m a r i t t i m o dalla
s o p p r e s s i o n e di ogni d i r i t t o di navigazione e dal m a n t e n i m e n t o dei diritti differenziali di d o g a n a , bisogna figurarsi che
il t r a t t a t o sia messo in esecuzione.
Cosa n e accadrà ? La risposta è assai facile. Accadrà che
t u t t e le operazioni che si f a r a n n o , in d i p e n d e n z a di q u e s t o
t r a t t a t o , nel c o m m e r c i o m a r i t t i m o tra la Francia e la S a r d e g n a , s a r a n n o r i s t r e t t e a l l ' i n t e r c o r s o d i r e t t o , e così all'esportazione ed i m p o r t a z i o n e dei p r o d o t t i agricoli ed industriali
nei d u e Stati. O r a , o si t r a t t e r à di i m p o r t a r e delle m e r c i
• miwimrWT.rrrri^; iniMm»!
il
J j L——«g
1851
dalla Francia negli Stati S a r d i , e q u e s t a o p e r a z i o n e si f a r à
n a t u r a l m e n t e dai bastimenti f r a n c e s i che sono sul l u o g o , i
quali v e n e n d o d i r e t t a m e n t e nei p o r t i di Genova o di Nizza,
non p a g h e r a n n o , dopo il t r a t t a t o , u n c e n t e s i m o di p i ù di
quello che p a g h e r e b b e r o i b a s t i m e n t i nazionali.
0 si t r a t t e r à di ^esportare dei p r o d o t t i e delle m e r c i dagli
Stati Sardi in F r a n c i a , e q u e s t a o p e r a z i o n e si farà a l t r e s ì dai
b a s t i m e n t i f r a n c e s i ad esclusione dei nazionali, e ciò p e r la
g r a n r a g i o n e che i b a s t i m e n t i f r a n c e s i a n d a n d o in Francia p a g h e r a n n o m o l t o m e n o di quello che p s g h e r e b b e r o i b a s t i m e n t i
S a r d i . P e r e s e m p i o , un carico d'olio di 550 quintali se sarà
t r a s p o r t a t o con b a n d i e r a sarda d o v r à p a g a r e a l l ' e n t r a t a in
F r a n c i a , pe'soli diritti differenziali di d o g a n a , lire 1 b , 0 0 0 o l t r e
gli altri diritti di navigazione, e se quello stesso c a r i r o sarà t r a s p o r t a t o con b a n d i e r a f r a n c e s e , p a g h e r à soltanto lire 1 2 , 5 0 0 ,
5 1-iremenoper ogni q u i n t a l e , e così u n ' e c o n o m i a di lire 2 5 0 0 .
Lo stesso si dica in p r o p o r z i o n e di t u t t e le a l t r e m e r c i . Ora
tutti v e d o n o che in q u e s t o s i s t e m a , q u a l u n q u e m e n o accorto
negoziante sardo che avrà delle m e r c i da fare t r a s p o r t a r e in
F r a n c i a , invece di servirsi dei navigli sardi che s a r a n n o sulla
r a d a o nel p o r t o , f a r à di p r e f e r e n z a v e n i r e un b a s t i m e n t o f r a n cese da Marsiglia o da Tolone per o p e r a r e detto t r a s p o r t o , e
r i s p a r m i a r e così il d i r i t t o differenziale che si vuol m a n t e n e r e
col n u o v o t r a t t a t o .
U n ' a l t r a conseguenza i n e v i t a b i l e del nuovo t r a t t a t o e non
meno d e p l o r a b i l e p e r l u t t i i paesi m a r i t t i m i delle d u e r i v i e r e
sarà quella di c e n t r a l i z z a r e t u t t o il c o m m e r c i o a G e n o v a ; ed
in f a t t i l u t t i i battelli a v a p o r e francesi che fanno il corso periodico in L e v a n t e , se v o r r a n n o g o d e r e l'esenzione da o g n i ,
d i r i t t o loro accordata dall'articolo 10 del t r a t t a t o , non tocc h e r a n n o più a Nizza, né a P o r t o Maurizio, nè a Savona, nè
in alcuno degli altri seni o r a d e della r i v i e r a , ma a n d r a n n o
d i r e t t a m e n t e a Genova.
Così p u r e tutti gli altri b a s t i m e n t i a vela che v e r r a n n o dalla
F r a n c i a carichi di m e r c i , p e r e v i t a r e il p a g a m e n t o di ogni
d i r i t t o differenziale di d o g a n a a n d r a n n o di p r e f e r e n z a a s b a r c a r e nel p o r t o di Genova o in q u e l l o di Nizza dove g o d o n o
del p o r t o f r a n c o .
C o n s e g u e n t e m e n t e i n u m e r o s i paesi delle d u e r i v i e r e , f r a i
quali esistono popolazioni e s s e n z i a l m e n t e c o m m e r c i a n t i , o l t r e
di non p o t e r più f a r e il c o m m e r c i o d i r e t t o colla F r a n c i a , dov r a n n o ancora s o t t o s t a r e a doppia spesa di nolo e di n a v i g a zione per a n d a r s i a p r o v v e d e r e dei g e n e r i necessari alia loro
sussistenza e p e r i s m e r c i a r e i loro p r o d o t t i , di m o d o che
senza aver o t t e n u t o v e r u n a agevolezza sugli olii, d o v r a n n o
ancora s o p p o r t a r e nuove gravezze in forza di un t r a t t a t o da
cui e r a n o in d i r i t t o di a s p e t t a r e q u a l c h e efficace p r o v v e d i m e n t o . O r a , q u a l e sarà l ' a v v e n i r e di quei popoli? Come p o t r a n n o soddisfare le n u o v e imposte di cui li a n d a t e q u o t i d i a n a m e n t e g r a v a n d o ? c o m e p o t r a n n o a m a r e le istituzioni l i b e rali del 1 8 5 0 , se il t r a t t a t o che a v e t e ora conchiuso fa l o r o
d e s i d e r a r e il r i t o r n o al 1843?
Dissi che col t r a t t a t o testé conchiuso f a t e d e s i d e r a r e il r i t o r n o al 1843 , e lo dissi con r a g i o n e , poiché il t r a t t a t o del
1843, s e b b e n e porti l ' i m p r o n t a dell'assolutismo e del sistema
p r o t e z i o n i s t a , era p e r ò molto più l a r g o nelle sue basi, di viste
più g e n e r o s e e di concessioni più f e c o n d o . La p r o v a ne è facilissima m e t t e n d o l i a c o n f r o n t o l ' u n o coll'altro.
Diffatti col t r a t t a t o del
lata alla f r a n c e s e , senza
limitazione a l l ' i n t e r c o r s o
principali p r e r o g a t i v e del
1 8 4 3 la b a n d i e r a s a r d a e r a assimidistinzione di p r o v e n i e n z a e senza
d i r e t t o , locchè f o r m a v a u n a delle
n o s t r o naviìio.
Ma q u e s t o vantaggio le viene ora tolto coll'articolo 2 del
n u o v o t r a t t a t o , che r e s t r i n g e q u e s t a r e c i p r o c i t à e p a r i t à di
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622
CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1851
trattamento ai navigli sardi che vanno direttamente dai
porti della Sardegna in quelli di Francia.
II trattato del 1843 garantiva alla nostra marina il commercio coll'Algeria, ed un'assoluta franchigia da tutti i diritti
di dogana sui cereali, sui risi, sui bestiami, foraggi, legumi,
legna e carbone, quale concessione era molto opportuna e
vantaggiosissima per la Sardegna che abbonda di tali generi,
e che si trova al contatto coll'Algeria. Per lo contrario, col
nuovo trattato si tolgono tutti questi vantaggi e si assoggettano gli anzidetti generi e prodotti nostrali al pagamento
degli stessi diritti di dogana come se non vi fosse trattato, ad
eccezione soltanto dei legnami, del carbone e simili.
Finalmente, col trattato del 1843 se la Francia poteva stabilire diritti differenziali di navigazione sulla nostra bandiera,
la Sardegna era pure in facoltà di imporne e di aumentarli
sulla bandiera francese; ciò che serviva a mantenere un giusto equilibrio fra le due bandiere, e ad impedire ogni preponderanza, facoltà che più non avrebbe a tenore del nuovo trattato. Cosicché da qualunque lato e sotto qualunque aspetto si
voglia considerare la cosa, è giocoforza il convenire che
questo trattato è assai peggiore del primo, e che venendo ad
essere approvato si esporrebbe la nostra marineria ad una
concorrenza rovinosa ed impossibile a sostenersi.
Veniamo ora all'ultima parte del trattato che ha per oggetto
lo scambio reciproco dei prodotti agricoli ed industriali, e le
relative concessioni e riduzioni di tariffa.
Questa parte del trattato si compendia intieramente nell'articolo 12.
Per apprezzare le relative concessioni fattesi dalle parti
contraenti, e per misurarne l'importanza tanto per una parte
come per l'altra, io parto dal trattato del 1843 messo in esecuzione nel 1846 e tuttora in vigore.
Per poco che si consulti il citato articolo 12, e si consideri
la natura e l'importanza delle rispettive concessioni, sarà facile il persuadersi della verità di quanto abbiamo accennato,
che cioè le concessioni che da noi si fanno alla Francia sono
molto più rilevanti, e di maggior importanza di quelle che
dalla Francia si fanno a noi.
Le concessioni che la Francia fa alla Sardegna, dalle quali
si possa sperare un vantaggio reale, si riducono in sostanza a
due sole, cioè la diminuzione di un quarto della tassa doganale sui risi, la quale da lire quattro per ogni quintale verrebbe ridotta a tre, e la diminuzione di un sesto della tassa
sulle frutta fresche, la quale essendo oradi lire sei per ogni
quintale, resterebbe ridotta a sole lire cinque.
L'importazione dei nostri risi in Francia sotto il trattato
del 1843 ha dato una media di cinquantamila quintali; conseguentemente la riduzione ottenuta potrà dare un benefizio
di lire cinquantamila, quale naturalmente profitterà tanto ai
produttori quanto ai consumatori di questa derrata.
L'importazione delle frutta fresche per gli ultimi quattro
anni è stata di 1 milione e SOOmila chilogrammi, cosicché la
diminuzione di lire 1 ogni 100 chilogrammi darebbe un vantaggio di lire 15 mila. Totale del benefizio ottenuto col detto
trattato, lire 75 mila ogni anno, da dividersi come sopra.
Non è poi da calcolarsi per molto la riduzione di un quinto
fatta dalla Francia sul corallo tagliato e non montato, quale
darebbe un benefizio di lire 2 20 per ogni chilogramma,
giacché l'importazione di questo prodotto rilevando appena
a 72 chilogrammi, il vantaggio potrebbe essere tutto al più
di lire iì>8.
Non metto a calcolo l'articolo sui bestiami, perchè in realtà non si e ottenuto alcuna riduzione, e le facilitazioni
accordate per lo stabilimento di altri uffici di dogana, e per
l'esportazione per via di mare non possono influire nè variare il sistema generale.
Non ho tenuto conto della soppressione accordata dalla
Francia pei diritti doganali sulle pelli brutte che dai nostri
Stati si esportano, fatta una media, per 1 milione e 300
mila chilogrammi, poiché questa riduzione oltreché si è fatta
unicamente per favorire l'industria francese, resta poi compensata colla deduzione del terzo che il nostro Governo fa
nello stesso articolo 12, lettera G, sulle stesse pelli e cuoi lavorati che vengono di Francia, che sono calcolati ad una media di 1 milione e 900 mila, e così di una maggiore importanza.
Nemmeno potrebbe mettersi a calcolo la riduzione del 14
per cento ottenuta sulle garze di seta pura, giacché questo
prodotto non figura fra le importazioni che si fanno in Francia
e tende, come ognuno vede, a favorire l'industria francese a
pregiudizio della nazionale.
Finalmente non si deve tener conto del diritto differenziale
stabilito sui pesci marinati, poiché oltre di essere di poco
momento, darebbe una preponderanza alla bandiera francese
a discapito delia nostra.
Enumerate tutte le riduzioni e facilitazioni che la Francia
farebbe a noi, e ritenuto che il loro ammontare non potrebbe aggiungere la cifra di 100 mila lire su quelle già ottenute col trattato del 1843, resta ora a vedersi quale importanza, ed a che somma rilevino le concesssioni da noi fatte
alla Francia oltre quelle già stipulate nel trattato precedente.
Per non intrattenere la Camera in un dettaglio tedioso,
lascierò in disparte gli articoli meno rilevanti che sono in numero di cinque, e parlerò soltanto degli altri cinque che sono
enunciati sotto le lettere a, b, c , d, h dell'articolo 12 e consistono nei seguenti : 1° Acquavite e spiriti di vino ; 2° Vino
ordinario, vino superiore e vino in bottiglie; 3° Generi ed
oggetti di moda ; 4° Maioliche e porcellane bianche e in colore; 5° Carta per tappezzerie., vetri e bottiglie.
Sul 1° articolo concernente gli spiriti e le acquavite di 22
e più gradi, se ne riduce il diritto da lire 60 a lire 30 per
ogni ettolitro.
Sulle acquavite inferiori si riduce da lire 30 a lire 18. Questo solo articolo, fatta una media di questi spiriti ed acquavite esportate dalla Francia nei nostri Stati negli ultimi tre
anni, che si è di 2400 ettolitri, porta una riduzione annua di
lire 72,000 a favore della Francia.
I vini ordinari di Francia pagavano sotto il trattato del 1843
lire 24 ogni ettolitro con bandiera francese, e lire 16 con
bandiera nostra; ora si riduce questo diritto senza distinzione di bandiera, e per qualunque strada venga, a sole
lire 10 per ogni ettolitro.
Nonostante gli esorbitanti diritti sinora percetti, risulta
dalla statistica che nell'anno 1849 si introdussero dalla Francia nei nostri Stati n° 133,000 ettolitri di vino ordinario, di
cui un terzo circa venne con bandiera francese, un terzo con
bandiera sarda, e l'altro terzo per terra: ora tenete conto
della riduzione che si fa su questa sola qualità di lino da 24
a 10, da 16 a 10 per ogni ettolitro, e vi risulterà che su questo solo articolo la Francia avrà un benefizio di circa un milione ogni anno, senza calcolare la maggiore importazione,
ed il più forte sviluppo che questo prodotto prenderà se i diritti di dogana sinora esistenti vengono a ricevere la proposta riduzione.
Vi sono poi i vini di qualità superiore che vengono pure
ridotti del 50 per cento, e i vini in bottiglie che da centesimi 75 vengono abbassati a centesimi 30 ogni bottiglia.
Vi sono poi gli oggetti di moda che erano ancor gravati di
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623
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TOi tNATA DEL 22 GENNAIO 1851
una tassa di lire 20 per ogni chilogramma, e che col nuovo
trattato vengono ridotte a sole lire 15, e così di lire 5 per
ogni chilogramma.
Vi sono inoltre le maioliche, la carta per tappezzerie e i
vetri, per cui si è fatta una sensibile riduzione. Con ciò riesce evidente che, in quanto alle clausole relative al commercio ed allo scambio dei rispettivi prodotti, la Francia è
stata molto avvantaggiata, e poco la Sardegna.
Quali sarebbero però le conseguenze delle concessioni
fatte alla Francia per l'agricoltura e l'industria del nostro
paese? I deputati delle provincie vinicole ve lo hanno già
dimostrato, ed io non aggiungerò parola al riguardo.
Alcuni degli onorevoli preopinanti che parlarono in favore
del trattato, premettendo come dogma inconcusso l'impossibilità di ottenere migliori condizioni dalla Francia, dissero di
accettare il trattato come legge di necessità, ed anche perchè
se il medesimo non è vantaggioso in tutte le parti, lo è però
in qualche disposizione.
Io già ho premesso che non sono persuaso di questa pretesa impossibilità, massime a fronte del trattato già conchiuso
nel 1845.
Dico poi che non riconosco legge di necessità quando l'approvazione del trattato dipende dal-nostro assenso, e la riconosco tanto meno a fronte delle esplicite dichiarazioni fatteci
ieri dal Ministero, che cioè egli non riconosce indispensabile
di aver un trattato colla Francia, ma che ha creduto di accettarlo perchè lo crede migliore dell'antico stato di cose.
Per quanto concerne la parte buona del trattato abbiamo
veduto quanto meschine e quasi di niun conto sieno le concessioni e le riduzioni che ci vengono assicurate col nuovo
trattato. Dall'altro canto però credo aver dimostrato quanti
e gravissimi danni ne risentirebbe la nostra navigazione ed
i nostri prodotti agricoli. Si mettano in presenza gli uni cogli
altri, e non vi sarà luogo ad esitare per l'assoluta reiezione
del trattato.
Mi corre ora debito di dire alcune parole circa le osservazioni che l'onorevole signor ministro ha esposte ieri alla Camera.
Egli ci ha detto, in sostanza, in quel suo ben ordinato discorso, che dopo gli esperimenti fatti credeva impossibile di
ottenere dalla Francia migliori condizioni, e che siccome il
nuovo trattato era migliore dell'antico stato di cose, il Ministero aveva creduto bene di accettarlo.
Per giustificare questo suo sistema, il signor ministro cominciava per dire :
« Che all'epoca della ripresa delle trattative il Governo
francese si era spiegato in modo da nulla voler concedere alla
nostra navigazione, sia pel commercio indiretto, che per
quello A^WAlgeria ;
« Che la sola offerta che abbia fatto, era quella di diminuire i dazi sul riso. »
Quanto alla prima parte, io comincio per deplorare il rifiuto del Governo francese pel commercio indiretto e per l'Algeria, e considero questo rifiuto come una vera calamità
per la nostra marina.
li nostro piccolo Stato sarà quindi limitato al commercio
diretto, e questo commercio sarà pei rovinato ed escluso
dalla Francia col mantenimento dei diritti differenziali.
Bella posizione, bello avvenire che si prepara !
Quanto alla seconda parte, il signor ministro mi permetterà di credere che il Governo francese non abbia mai offerto
spontaneamente la riduzione sui risi.
Disse inoltre il signor ministro che si era consentito all'assoluta abolizione di ogni diritto di navigazione, perchè, stante
l'esenzione di cui godono tutti i bastimenti nel porto di Marsiglia, questa abolizione si era creduta di nessun valore.
10 rispondo a questo proposito, che appunto perchè per
legge eccezionale della Francia sono aboliti i diritti di tonnellaggio e di navigazione nel porto di Marsiglia dove si fa
quasi tutto il nostro commercio, non conveniva a noi di stipulare quella stessa abolizione nei nostri porti.
Si è detto ancora che il Governo aveva consentito a rinunciare la facoltà di stabilire diritti differenziali di dogana colla
Francia per non incorrere in errori economici.
Stante il sistema già adottato e la legge del 6 luglio ultimo
scorso, io rispondo in primo luogo, che se la Francia mantiene i diritti differenziali sulla nostra bandiera, era pur giusto, ed anzi necessario, che da noi si mantenessero. Richiamo
il signor ministro alla legge votata dal Parlamento il 6 luglio
ISSO, e sostengo che, privandoci della facoltà di poter stabilire diritti differenziali sulla bandiera francese, è andato
contro lo spirito della legge, ed ha agito contro l'interesse
del paese.
Diffatti, ognuno sa che colParticolo 1 di quella legge si
sono bensì aboliti tutti i diritti differenziali, ma sotto condizione di reciprocità. Conseguentemente, se nel trattato in
questione la Francia mantenne espressamente questi diritti
differenziali, quale era il dovere del Ministero? Si era quello
di mantenerli esso pure ; e se non ne aveva, doveva stabilirli,
doveva far sì che la navigazione francese non venisse a soverchiare la nostra. Si è benissimo sancito all'articolo 2 di detta
legge che il Governo potesse anche abolire i diritti differenziali a favore di quelle potenze che non avessero usato con
noi questa reciprocità; ma si dice ivi, purché si ottengano
altri vantaggi equipollenti.
Ora dimando io al signor ministro quali siano i vantaggi
che ha ottenuto dalla Francia in correspettivo dell'abolizione
di questi diritti. [Le cose fin qui dette mi persuadono che il
nostro Governo ha concesso molto alla Francia, e la Francia
niente a noi.
11 ministro ha inoltre soggiunto che per ottenere qualche
facilitazione dalla Francia il negoziatore sardo aveva inviato
una nota al Governo francese in cui proponeva la riduzione
di diritti di entrata sopra 88 articoli diversi, purché la Francia riducesse i diritti di entrata sugli olii d'olivo, sulle fondite
della Savoia e sopra altri articoli nostrali.
Disse pure che l'incaricato francese erasi già fatto persuaso
della convenienza di queste reciproche concessioni, ma che il
signor ministro di Francia non volle assolutamente aderire.
Molte cose sarebbero a dirsi intorno a questa nota, e primieramente mi permetterò di osservare che in questa nota,
fra le facilitazioni domandate a nostro favore sugli olii e sui
bestiami, i risi ottenevano il secondo posto.
Che in questa nota si è molto ragionato dal negoziatore
sardo per dimostrare la convenienza pel Governo francese di
diminuire i diritti sul riso e sui bestiami, ma nulla si è detto
per giustificare la necessità e la convenienza di una riduzione
sugli olii.
Dirò infine che il Governo francese ha scelto su questi 88
articoli quelli che più potevano favorire il suo commercio e
la sua industria, come sono gli spiriti, le acquavite, i vini,
gli oggetti di moda, la carta, la porcellana e simili.
Ora, domando io, perchè si sono consentite tutte queste
importantissime riduzioni senza nulla o quasi nulla esigere
dalla Francia?
La logica e la ragione volevano che si facesse una nota
complessa ed inscindibile che si sostenesse nella sua integrità.
Ciò non si è fatto.
— 624
CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE»DEL 1851
Come dunque possiam credere che riesca assolutamente
inutile ed impossibile, rinnovandosi le trattative, di non ottenere qualche miglioria? Dopo quanto ho detto di sopra, io
non posso supporlo.
Il signor Di Cavour ha poi fatto valere ragioni di alta politica e di moralità dicendo che in caso di rifiuto la Francia
potrebbe usar rappresaglie contro di noi.
Io ho già premesso che discutendo di interessi materiali,
devo far astrazione da ogni considerazione politica. Però, essendo costretto a parlarne, dirò francamente che ho miglior
opinione della nazione francese di quello che l'abbiano i miei
competitori, e faccio dipendere lapolitica nostra e quella della
Francia verso di noi da ben altre cagioni.
Si farebbe gran torto alla Francia qualora si supponesse
che pel rifiuto di questo trattato, il Governo che la dirige volesse dichiararsi ostile al nostro paese, e credo anzi che sostenere dignitosamente i diritti della nostra bandiera, e far
appello a sentimenti più liberali e consentanei all'odierna civiltà di tutti i popoli anche i meno avanzati, sia il vero mezzo
per meritarci la stima e la simpatia di quella generosa nazione.
Finalmente, cosa vogliamo dalla Francia repubblicana ? Vogliamo che si mostri meno esigente da noi, che rispetti il principio di reciprocità in tutta la sua estensione ; e nel peggior
dei casi che ratifichi il trattalo sancito dalla Francia monarchica nel 1843, e da cui ne ha essa stessa ottenuto maggiori
frutti di quelli che si aspettava.
Potràella indispettirsi di questa proposta? Io non lo credo.
Il torto sarebbe da parte sua,
Finalmente il signor ministroha posto innanzi la condizione
e le perturbazioni in cui cadrebbe il nostro Stato se rimanesse
senza trattato, e qui sono condotto all'ultimo punto del mio
discorso. In primo luogo io non posso ammettere che, soprassedendo all'approvazione del nuovo trattato, noi dovremmo restarne senza. Ritenete, signori, che colla legge del
13 novembre ultimo scorso, adottata dall'Assemblea francese, si è prorogato per la seconda volta il trattato del 1843
sino a tutto il 31 marzo prossimo venturo ; noi siamo quindi
assicurati che almeno sino a quel giorno quel trattato continuerà ad essere in vigore come pel passato. Io non sono poi
d'avviso che il Governo francese, vedendo che il nostro Parlamento non è disposto ad aderire alle esorbitanze del nuovo
trattato, possa avere interesse a restarne senza ; l'opinione
contraria può sostenersi colle parole dello stesso oratore francese Casimiro Perder all'Assemblea francese, ove egli parlando del trattato del 1843 così si esprime:
« Vous n'avez pas oublié, messieurs, les vives discussions
auxquelles donne lieu, dans les Chambres, le régime exceptionnel fait par le traité de 1843 aux bestiaux sardes entrant
en France par la frontière de terre. Ce fut la principale cause
du retard de la limitation de durée.
« Les faits ont démontré jusqu'à l'évidence tout ce que les
craintes alors exprimées avaient d'exagéré. Le traité a fonctionné non-seulement sans causer à personne de dommages
appréciables, mais encore avec des avantages réciproques.
Les réclamations ont peu à peu cessé de se faire entendre, et
quelques-uns de ceux qui s'étaient le plus élevés contre la
mesure, en demandent aujourd'hui le maintien. »
Queste sono le parole del signor Casimiro Perrier all'Assemblea francese.
D'altronde la Francia ha bisogno delle nostre produzioni,
essa non può far senza dei nostri olii (Rumori), non può
far senza delle nostre sete.,. (Rumoriesegni di disapprova-
zione)
Ma, o signori, quando dico che la Francia non può far
senza di questi prodotti, io intendo parlare di un'impossibilità morale e non materiale; diffatti, rimontiamo ad un'epoca
anteriore al trattato del 1843 , e diamo uno sguardo alle tavole decennali del commercio di Francia state stampate per
ordine del Governo, e ne saremo convinti.
Aquell'epoca non vi eran trattati, i diritti di dogana erano
esorbitanti, come lo sono tuttavia, pure risulta che la sola
importazione dei nostri olii in Francia fu nel 1837 pel valore
di 26 milioni, nel 1838 per 29, nel 1839 per 28, nel 1840 per
33, nel 1841 per 29 milioni : si vede dunque quanto importante fosse questo commercio, benché nessun trattato in allora esistesse fra noi. Negli stessi anni le sete trasportate dal
nostro Stato in Francia ascesero a 50 milioni nel 1837, a 61
nel 1838, a 49 nel 1839, a 53 nel 1840, a 75 milioni nei
1841 ; e così via discorrendo. Come dunque poter credere che
senza questo trattato i nostri prodotti non si esportino più in
Francia?
Oltre agli olii e alla seta, è poi importantissimo oggetto
per noi la navigazione: ora io confronto le tavole decennali
dal 1843 al 46, con quelle dall846 al 1850, etrovo che i! nostro commercio colla Francia era più forte prima del trattato
che dopo; rilevo inoltre, dalla stessa relazione pronunciata
all'Assemblea francese dal signor Perrier, che la media dell'importazione per tutti i nostri prodotti in Francia è fissata
a 77 milioni circa, mentre risulta da dette tavole decennali
che la media per un egual periodo anteriore al trattato era di
cento e più milioni.
Con questo io credo aver dimostrato, che anche senza trattato non vi è pericolo alcuno che noi possiamo andare in rovina, e sostengo che, quando le nuove trattative fossero ben
condotte, quando fossero uomini influenti presso l'Assemblea
francese, e presso il Ministero, quindi si facessero e si intavolassero nuove pratiche, quando si esponessero i bisogni del
nostro paese, e si facessero conoscere i veri interessi della
Francia stessa, io porto fiducia che si otterrebbero migliori
condizioni.
Si tratta principalmente di un prodotto che non ha mai
avuto facilitazione di sorta, il prodotto voglio dire degli olii,
il quale quando viene in abbondanza non trova sfogo di un
prodotto che all'entrata in Francia, e paga quasi un terzo del
suo valore, paga 30 lire ogni quintale metrico, ed il prezzo
non eccede d'ordinario 90 lire il quintale.
Ecco adunque a che eccesso è portata la spesa per un prodotto tanto soggetto a mancare, tanto eccezionale, da cui per
altro nel momento del raccolto abbondante potrebbero ricavarsi dei tesori.
Io credo pertanto che, qualora il nostro Governovolesse riprendere le trattative e far rappresentare da un abile negoziatore in Parigi tutte queste circostanze, vi sarebbe probabilità di venire a convenzioni più ragionevoli e meno onerose
per la nostra marina, e per gli olii d'ulivo che formano l'unica
risorsa delle proviucie della riviera di Genova e del contado
di Nizza.
Propongo quindi alla Camera che in vece di accettare il
trattato tale e quale venne conchiuso, inviti il Ministero a
riprendere nuove trattative colla Francia all'oggetto di ottenere delle condizioni meno onerose, e frattanto lo autorizzi a
prorogare il trattato preesistente del 28 agosto 1843.
CAVOUR, ministro di marina, agricoltura e commercio.
Domando la parola.
KA.VINJL. Io chiedo la parola per un fatto personale.
L'onorevole preopinante disse che nella Commissione vi fu
qualcheduno che si astenne dal votare : la qual cosa è vera ;
TORNATA DEL
2 2 GENNAIO
ma el ne dedusse uria conseguenza per niente vera, ed io
debbo rettificare in questo le sue osservazioni.
Egli disse che il non avere un membro delia Commissione
preso parte al voto, indica che egli propendeva piuttosto alla
reiezione del trattato, e questo non istà.
Io indicherò i molivi per cui non solamente era necessità,
ma dovere di astenermi. Conviene sapere che nell'ufficio li,
a cui io apparteneva, furono nominati due commissari : l'uno
pel trattato di proprietà letteraria, l'altro pel trattato di navigazione e commercio; io fui eletto commissario pel primo
di questi, cioè per quello che riguarda la proprietà letteraria;
gli altri uffici avevano eletto un solo commissario: ciò non
ostante questi commissari si radunarono tutti assieme, ed io
ebbi mandato dall'ufficio di manifestare il suo voto, perchè
non si accettasse il trattato sulla proprietà letteraria, quando
si seppe dopo che la Commissione si era già radunata una
volta, che questi trattati erano intimamente connessi l'uno
coll'aitro, e che la Francia non avrebbe accettato l'uno se
l'altro fosse rigettato.
Che seguiva da ciò? Ne seguiva che la Commissione doveva
essere sopra di ciò illuminata, e doveva avere una dichiarazione ufficiale; per questo essa scrisse al ministro degli esteri,
affinchè volesse intervenire, o mandare qualche persona che
10 rappresentasse per informare te Commissione. Egli si compiacque di mandare il negoziatore di questi due trattati, il
quale in presenza della Commissione asserì esser vero che i
trattati erano inscindibili ; quindi in un'altra tornata si compiacquero due ministri d'intervenire nella Commissione, ed
affermarono la cosa medesima.
Essendo dunque questi due trattati uniti, bisognava che io,
11 quale non era commissario che pel primo di questi, avessi
saputo prima se il secondo era accettato, perchè la mia convinzione, il mio voto dipendeva dall'accettazione del secondo,
mentre, se debbo dire il vero, massime nel principio, quando
intervenni nella Commissione, se si fosse votato il trattato
sulla proprietà letteraria senza dell'altro non lo avrei accettato. Ora, siccome io non era commissario che pel primo
trattato, ne risultava che non poteva sapere quale sarebbe
stata nella Commissione la votazione del secondo di essi, perchè io non poteva assistere alla medesima, non essendo commissario. Quindi ne risultò altresì la necessità di astenermi
dal voto in ordine al primo trattato, imperocché io doveva
conoscere se era accettato o respinto il secondo, essendo essi
inscindibili, e non avendo potuto formarmi una convinzione
sopra un trattato solo.
Signori ! se fosse vero che io propendessi piuttosto per
respingere il trattato che per accettarlo, se avessi avuto siffatta convinzione, nessun rispetto al mondo, nessun riguardo
mi avrebbe impedito di manifestarla; perchè quando un giudizio si è fatto nella mia coscienza (Con forza) oh ! questo è la
sola mia guida, e tutti gli altri rispetti cadono a terra. (Benel
Bravo ì)
C a v o u r , ministro di marina, agricoltura e commercio.
10 non intendo di rispondere al discorso dell'onorevole deputato Biancheri, perchè « r e i astretto a ripetere pressoché
tutti gli argomenti che ebbi l'onore di già esporre alla Cam e r a ; il che facendo io abuserei soverchiamente della sua
indulgenza.
Io voglio soltanto rettificare un fatto da esso menzionato,
11 quale, a mio parere, è gravissimo, e che porterebbe seco,
se fosse vero, un biasimo meritato per il Ministero.
L'onorevole preopinante ponendo in dubbio le mie asserzioni, ha detto non esser vero che il plenipotenziario francese
abbia offerta la riduzione sui risi.
Sessione del 1851 — Camera dei Deputati — Discussioni
70
1851
Onde provare la verità della mia asserzione, io deporrò
sul banco della Presidenza la nota del 20 luglio 1850, colla
quale si esordì in questa negoziazione, e che è il primo atto
ufficiale della medesima. Da essa si scorge che il plenipotenziario, parlando delle condizioni meno vantaggiose che^ si
volevano imporre, dichiarò che (cito le sue parole) :
« Il a reconnu que tout en sauvegardant des intérèts nationaux, dignes de toute la soìlicUude, il pourrait accorder à
la Sardaigne une compensation plus que suffisante au retrait
de quelques-unes des concessions précédemment faites. »
Questo è il primo atto, ripeto, delle negoziazioni che per
parte nostra erano state fatte, quindi egli è evidente che
l'iniziativa di questa riduzione e stata presa dalla Francia.
L'onorevole preopinante ha detto inoltre che per parte nostra
non si era più insistito per altra riduzione sui risi: ma io
risponderò che quando dopo due mesi di negoziazioni verbali
il nostro negoziatore aveva indotto il negoziatore francese ad
appoggiare presso il suo Governo nuove basi di negoziazioni molto più larghe, non era più il caso di chiedere tal
riduzione.
Queste basi erano contenute in una nota del 2S settembre 1850, ed in questa nota si leggono distinti tutti gli articoli sui quali si facevano delle riduzioni e tutti gli articoli sui
quali se ne chiedevano. Fra gli articoli sui quali si chieggono
riduzioni è enumerato il riso, pel quale v'è proposta la riduzione di tre lire.
Come si vede adunque, la riduzione di tre lire è quella
che è stata offerta dal negoziatore francese, quindi su questo
non vi fu più luogo a cercar modificazioni di sorta.
Mi pare che questo sia matematicamente dimostrato, tanto
più che non si era offerta riduzione sui principali articoli di
esportazione della Francia.
In questi S2 articoli vi sono le stoffe di cotone e di filo, i
tessuti di lana, le passamanterie, i libri e la musica, finalmente tutti gli articoli che la Francia esporta.
È inteso che quelli sui quali cadono le riduzioni non sono
i più importanti, e che nei primi articoli si tratta dei tessuti
e non dèi vini. Che se nei quadri d esportazione della Francia
figura una quantità rilevantissima di vini, una parte minima
di questi è importata nell'interno dello Stato.
È ben noto che quasi tutti i bastimenti mercantili comprano vini francesi pel loro approvigionamento, quindi la
quantità dei vini francesi che paga dazio è molto minore di
quello che appare, ed in conseguenza non è vero che il nostro negoziatore abbia offerto compensi sugli articoli di
Francia.
Io non intendeva che di provare la verità delle mie asserzioni, e perchè l'onorevole preopinante, come pure tutti coloro che avessero la stessa opinione, possano convincersene,
depongo quest'atto ufficiale sul tavolo della Presidenza.
b i & k c h g r i . Domando la parola per un fatto personale.
p r e s i d e n t e . Ha la parola.
BIA.KCHER1. io ho troppo rispetto per le dichiarazioni
dei signori ministri, massime quando queste dichiarazioni
vengono fatte innanzi alla Camera, per dubitare della verità
delie loro asserzioni.
Quando ho detto ch'io non poteva supporre che la diminuzione dei diritti sul riso fosse operata spontaneamente dalla
Francia, ho fatto allusione all'indole del Governo francese, il
quale non è naturalmente uso a far concessioni quando non
ne venga richiesto e non gii si offrano compensi ; ho però fatto
allusione ad un documento troppo formale, perchè non ne sia
giustificata la mia opinione.
Intendo parlare della nota stata trasmessa all'incaricato
TTIMBITIÌ'II NM'FITIWIIÌTTRNÌIRIiiiiBrìrBr'MritiTiriTirrrmi
CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1851
francese dal nostro negoziatore; la quale porta, se non ¡sba- ria la quale non fosse riducibile in pratica, come se anzi non
fosse da condannarsi come fallace e menzognera quella teoria
glio, la data del 2b settembre...
che non nasce daila pratica e non può in pratica ridursi.
CAVOKR, ministro di marina, agricoltura e commercio.
Uno degli effetti di questo abbassamento dei diritti di enÈ appunto questa nota ch'io ho deposto sul tavolo della
trata sui vini francesi è questo, che maggior quantità di vini
Presidenza.
francesi, passando la frontiera, deve aumentare il proBUKCHERI . Quella no'a è appunto quella in cui si proponeva la riduzione sui S8 articoli di cui ci fece ieri cenno dotto dei dazi, perchè la maggior quantità compenserà larl'onorevole signor ministro: in essa si chiede in cambio al gamente il minor diritto pagato dal vino. Ora, nello stato
Governo francese, primola riduzione sull'olio d'oliva, secondo di penuria delle nostre finanze, questo vantaggio non è certamente da disprezzare.
sul riso.
Proseguiamo l'analisi degli effetti che deve prodarre l'abCATOVR, ministro di marina, agricoltura e commercio.
bassamento dei dazi sui vini.
Era già stata offerta la riduzione sul riso.
Qui bisogna disgiungere gli effetti immediati dagli effetti
BI AI CHERI . In questo stesso documento si ragiona sulla
posteriori: effetto immediato sarà di diminuire il prezzo dei
convenienza di queste concessioni.
Prendendo adunque per base questo documento, io non ho vini; questa diminuzione tornerà necessariamente a danno
yoluto mettere in forse che nel documento accennato dal dei produttori del vino, e tornerà con egual proporzione
signor ministro intorno a (¡ ¡està pratica vi fossero già delle precisamente a vantaggio dei consumatori. Ma qui si deve
trattative, e che l'incaricato francese si sia dimostrato disposto avvertire che per produttori di vini non si devono ina far queste concessioni: ionon ho inteso di revocare in dubbio tendere che i proprietari dei vigneti. Diffatti, siccome non
queste asserzioni ; ma intanto questo documento m'autoriz- cambia la spesa di coltivazione, qualunque sia il prezzo
zava a supporre che veramente la riduzione sul riso non era del vino, così è chiaro che il maggior o minor prezzo del
stata concessa spontaneamente; ecco come io l'ho intesa, medesimo non può che tornare a vantaggio o a scapito dei
e perchè trassi quelle induzioni che ho avuto l'onore di proprietari dei vigneti, e^non di coloro che coltivano le viti.
esporre.
Questo scapito dei produttori dei vini è, come diceva,
esattamente compensato dal vantaggio che risentono i conMI CHEI I I KK. Partigiano di quella più larga libertà politica
che sia concessa dalle circostanze di luogo e di tempo, io lo sumatori; dimodoché i consumatori, pagando meno il vino, disono pure della libertà economica sotto le stesse modifica- ventano pel fatto stesso della diminuzione di questo diritto più
ricchi di quello che prima non fossero, poiché quella parte di
zioni e nella stessa misura.
Le libertà, o signori, SODO solidarìe, e strettamente si con- ricchezza che essi consacravano all'acquisto del vino, e che
nettono tra di loro; e per non uscire dall'argomento che ci rimane libera dopo la diminuzione, possono consacrarla alla
occupa, le diminuzioni di dazio fra le nazioni hanno per soddisfazione di altri bisogni, perchè la diminuzione del
effetto di moltiplicare le comunicazioni fra gli abitanti dei prezzo delie merci equivale esattamente ad aumento di ricvari Stati, dal che viene favorito il progressivo incivilimento. chezza.
Se ci limitassimo agli effetti immediati, siccome il danno
Abbiamo visto diffatti che in Inghilterra il Ministero ivhig
fu sempre partigiano delie riforme in materia economica, è compensato dall'utile, così non vi sarebbe motivo né di reladdove ad esse si opponeva il Ministero tory. Che se un ono- spingere nè di approvare il trattato. Dipende dunque dagl
revole membro appartenente al partito tory ebbe la fortuna effetti posteriori l'approvazione o la reiezione di esso, in
di far trionfare la libertà economica, ciò si deve attribuire quanto a quest'articolo dei vini. Investighiamo pertanto queallo aver egli aderito in questo al principio de'suoi avversari sti effetti ulteriori.
politici ; ma non è men vero che prima che si eseguisse
Essendo diminuito il prezzo dei vini in forza della diminuquella riforma, il Ministero liberale in politica lo era pure in zione del dazio d'importazione, diviene meno utile la produeconomia.
zione del vino ; quindi avverrà necessariamente che coloro
Queste cose che ho premesse mi fanno strada a giudicare che consacrano le loro terre ed i loro capitali e la loro industria a tal genere di produzione, sottrarranno poco per
il trattato che è sottoposto al nostro esame.
Qui non avvi via di mézzo: i protezionisti debbono respin- volta queste terre, questi capitali per consacrarli ad altra
gere il trattato per la ragione, che le concessioni che noi produzione. Dico poco per volta , perchè, siccome il dazio è
facciamo alla Francia sono e più importanti e più numerose ancora molto forte, equivalendo al prezzo dei vini, o poco
di quelle che la Francia faccia a noi; ma coloro che nelle meno, poco sarà il vino forestiero che entrerà ; epperò non saconcessioni stesse che noi facciamo alla Francia veggono un ranno sottratte da tal produzione che quelle terre che producono poco vino, o di cattiva qualità.
vantaggio per il nostro paese, debbono accettare il trattato.
Quindi se è vero che l'utilità dei consumatori di vino è da
Io dico questo perchè molti degli onorevoli preopinanti
dopo di avere dichiarato di essere liberi scambisti, e di non principio compensata dal danno dei proprietari di vigneti,
voler approvare il sistema protettivo, pure hanno criticato il siccome l'utilità dei primi è perpetua, laddove il danno dei
secondi non è che temporaneo, così io conchiudo doversi actrattato e sono disposti a votare contro esso.
Al punto in cui è giunta la discussione, brevissime saranno cettare l'articolo del trattato che riguarda l'abbassamento dei
le osservazioni che io farò ¿opra il trattato di commercio e di diritti sul vino francese.
Fu criticato il trattato perchè in esso nulla si è fatto a prò
navigazione, limitandomi a due articoli, sui quali versarono
principalmente le censure degli oppositori : l'uno perchè è dell'introduzione degli olii in Francia, Per verità tal cosa sastato compreso nel trattato, l'altro perchè è stato escluso. La rebbe stata molto a desiderarsi, e se dopo i produttori degli
Camera scorge che voglio parlare dei vini e degli olii. Ragio- olii, alcuno la desidera vivamente, iolosono, perchè partigiano
nando primieramente dei vini, giova investigare che cosa del libero scambio. Ma nei contratti ci vuole il consenso delle
deve produrre l'abbassamento dei dazi nell'importazione dei i parti. Ora non mi stupisco che la Francia, incaponita qual è
vini, tanto più affinchè non ci venga apposta la taccia di se- nel suo sistema protettore (Ilarità), non abbbia voluto cedere
guitare astratte teorie, come se vi potesse essere buona teo- i alle istanze dei nostro negoziatore. È cosa veramente singo-
TORNATA DEL 2 2
lare! non vi è nazione presso la quale l'economia politica
come scienza abbia tanto progredito, e che come arte sia così
malamente praticata : pare impossibile, che in quel paese
dove scrissero le immortali loro opere Giambattista Say, Chevallier, Bastiat e il nostro italiano Pellegrino Rossi, i quali
tutti professarono i più larghi principii di economia politica,
e non con sole teoriche astrazioni, ma colla più attenta e severa disamina del modo con cui succedono i fenomeni economici, dimostrarono che dalla libertà viene il maggior bene del
maggior numero, che è ciò che secondo il nostro immortale Romagnosi vuol essere il fine di tutte le umane istituzioni; in quel
paese dovei professori sostengonoi più larghi principii di economia politica, in quel paese in cui esiste uno dei migliori giornali economici il Journal des Economistes, secondo a nessuno e
nemmeno al The Economiste d'Inghilterra, pare, dico, impossibile che in quei paese i legislatori siano cotanto partigiani del
sistema protettore. Se si dovesse investigare la cagione di questa contraddizione, io credo che la si troverebbe in questa
circostanza, che sebbene il danno del sistema protettivo sia
infinitamente maggiore dell'utilità, tuttavia questa utilità essendo concentrata in poche mani, laddove il danno è sparso
sopra una grande moltitudine di consumatori, avviene che i
primi sono caldi propugnatori del sistema proibitivo, e deboli
oppugnatori i secondi.
Aggiungasi il gran numero dei manifattori che siedono
nelle Assemblee legislative di Francia, e poi si spiegherà facilmente, senza ricorrere all'ignoranza, la quale vi ha forse
anche la sua parte, la contraddizione esistente presso i nostri
vicini tra la scienza e l'arte economica.
La Francia, secondo me, fece malissimo a non accettare la
proposizione del Ministero per l'abbassamento deH'introdulione degli olii ; essa fece un male a noi, ma fece anche un
male a se stessa, sacrificando l'interesse dei consumatori degli olii, all'interesse dei produttori. E quando dico produttori degli olii, intendo anche di parlare unicamente dei proprietari degli oliveti, ai quali unicamente, come per i vini si è
detto, torna utile o dannoso l'aito od il basso prezzo dell'olio.
E per dimostrare che la Francia fece male a non ammettere una diminuzione di dazio sull'importazione de'nostri olii,
mi basterebbe di applicare ai medesimi i ragionamenti che
ho fatto riguardo ai vini ; ma siccome tal cosa è agevole ad
ognuno di voi, così io non abuserò maggiormente della sofferenza della Camera.
Avendo esaminato questi due articoli che credo i più essenziali, io non mi soffermerò più lungamente circa il trattato
di commercio e di navigazione; ma siccome i signori ministri
ci hanno dichiarato essere da questo trattato inseparabile
quello della proprietà letteraria, così, io che aveva in animo
di votare contro il medesimo, ora sono costretto ad accettarlo,
perchè credo che i maggiori vantaggi provenienti dal trattato
di commercio e di navigazione, compensino i danni che ne
vengono da quello sulla proprietà letteraria.
D'altronde, aderendo a questo trattato, noi rendiamo onore
al principio della proprietà letteraria, una delle più sacre di
tutte le proprietà, siccome quella la cui origine non può essere tacciata di usurpazione o di frode, come lo può essere
la proprietà della terra e dei capitali.
L'onorevole Siotto-Pintor diceva che il pensiero, figlio di
Dio, uon può essere ridotto a proprietà; se stesse questo suo
argomento, lo si dovrebbe applicar sempre, e quindi non vi
sarebbe motivo per cui nell'interno di uno Stato vi esistesse
la proprietà letteraria.
Sicuramente, la proprietà letteraria vuole avere un limite,
perchè, siccome quelle scoperte che ha fatto un autore pos-
GENNAIO
1851
sono col tempo essere fatte da aliri, non sarebbe giusto che
la sua proprietà fosse perpetua.
Mi sembra pertanto che la proprietà letteraria dovrebbe
essere limitata molto quanto al tempo, e molto estesa quanto
allo spazio, perchè le nazioni devono essere tra di loro solidarie.
Se il trattato àttuale ci fosse stato proposto 10 o 15 anni
addietro, esso avrebbe prodotto per il Piemonte effetti più
nocivi di quanto abbia a produrre presentemente. Allora in
Francia le opere si stampavano con molto lusso, e giacché
trattiamo di economia politica (Risa) citerò in proposito il
Cours d'economie politique, di G. B. Say.
Quest'opera si stampò a Parigi in 6 volumi, e si vendeva
al prezzo di lire 7 50 ogni volume, ciò che faceva 45 lire: a
Bruxelles è stata ristampata in un solo volume, e si è venduta al prezzo di lire dieci.
Ma i librai e stampatori francesi, fatti accorti del proprio
interesse (ed in ciò sono più chiaroveggenti di eerti Governi ; il che non debbe recar stupore, perchè i Governi fanno
l'interesse degli altri, ed i librai fanno l'interesse lor proprio),
i librai, dico, e gli stampatori francesi, vedendo che non avevano mezzi di impedire la contraffazione, se non che riducendo il prezzo dei loro libri, presero a stampare volumi in
un sesto minore, che essi vendono al prezzo di lire tre e mezzo
il volume.
Per tutti questi motivi, e quelli svolti dai preopinanti, io
accetto entrambi i trattati, che disgiungere non si ponno.
Prima di terminare, io credo opportuno di fare alcune risposte alle obbiezioni che si fecero in questo recinto contro
i trattati.
Non è senza meraviglia che ho udito tre deputati della
Savoia parlar contro i medesimi, due dei quali conchiusero
per la loro approvazione, ed ii terzo, il signor Despine, chiese
che si dovessero respingere.
La Savoia trovasi in uno stato eccezionale; dall'Italia la separa la più alta catena...
(Interruzione per mormorio e ilarità prolungata. Il precidente agita il campanello. )
Se la Camera mi lascierà proseguire (Con forza), essa vedrà
che io non voglio darle una lezione di geografia.
Dall'Italia la separa la più alta catena di monti che esista
in Europa, e dalla Francia la separa un'altra catena di monti
artificiali non meno disastrosa a superarsi. (Siride)
Sì, o signori, questa è la linea delle dogane, ed io dico che
non avvi differenza fra questi due ostacoli.
Diffatti se un carrettiere savoiardo oltrepassa il Moncenisio
per venire in Italia, deve pagare, a cagion d'esempio, 20 lire
per cavalli di rinforzo ; supponete che lo stesso carrettiere
colie sue merci venga diFraneia in Savoia e che debba pagare
20 lire per le dogane, domando io se l'effetto non è identico
quanto ai risultamenti economici.
Ora mi pare che i deputati della Savoia avrebbero dovuto
essere lieti che senza gravi spese ii Ministero agevolassequelle
comunicazioni tra la Savoia e la Francia.
Come mai, dico io, quegli stessi deputati della Savoia, i
quali domandavano che il Governo facesse il tunnel attraverso ii Moncenisio, come mai essi che di questa concessione
facevano quasi una condizione Une qua non del pagamento
delle imposizioni, condizione alla quale il Ministero aveala
debolezza di aderire, come mai ora si oppongono a che il Ministero faccia non già un tunnel attraverso all'artificiale barriera ehe divide la Francia dalla Savoia (perchè il tunnel
equivarrebbe alla soppressione di ogni dazio), ma almeno
agevoli quella comunicazione?
_
6 28 —
CAMERA DEI DEPUTATI —- SESSIONE DEL 1851
I produttori di vino della Savoia si lagnano della diminuzione del dazio sui vini francesi; alle loro lagnanze ha già risposto il deputato Brunier, e vi ho risposto io stesso analizzando gli effetti che saranno prodotti da tale diminuzione di
dazi. Aggiungerò solamente; che i Francesi non daranno gratuitamente i loro vini ai Savoiardi, la qual cosa dimostra che
in corrispettivo del vino francese che entra in Savoia, ne esce
per un egual valore di prodotti savoiardi; ciò che vuol dire
che in ultima analisi i Savoiardi producono essi stessi indirettamente i vini francesi che consumano. (Fari deputati si alzano)
Mi sembra che l'ora essendo tarda la Camera desideri che
io finisca. Conchiudo dunque per l'approvazione dei trattati.
La seduta è levata alle 5 1/4.
Ordine del giorno per la tornata di domani ;
Seguito della discussione dei progetti di legge relativi ai
trattati di commercio, navigazione e alla proprietà letteraria
colla Francia.
TORNATA DEL 23 GENNAIO 1851
m
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CAVALIERE PINELLI.
SOMMARIO. Seguito della discussione sui progetti dilegge per Vapprovazione dei trattati di commercio, navigazione, e proprietà letteraria collaFrancia —Nuove osservazioni del deputato Farina Paolo, e spiegazioni del ministro d'agricoltura
e commercio — Discorso del deputato Menabrea in appoggio dei trattati — Discorso del ministro degli affari esteri —
Nuovi cenni del deputato Airenti —Osservazioni del relatore Di Bevel —Spiegazioni del deputato JBerruti — Osservazioni del deputato Sineo in opposizione dei trattati —Chiusura della discussione —Ordine del giorno motivato del deputato Biancheri — Opposizioni del ministro d'agricoltura e commercio —Reiezione —Dichiarazioni del deputato Méllana
—Approvazione dell'articolo di legge del trattato di commercio, enavigazione —Considerazioni, evotodel deputatoJBrofferio —Approvazione dell'articolo sulla convenzione letteraria — Votazione, ed approvazione dei due trattati.
La seduta è aperta alle ore I 3[4 pomeridiane.
segretario, dà lettura del processo verbale.
AIRENTI, segretario, legge il seguente sunto di petizioni
ultimamente presentate alla Camera:
3379. Baldioli Vincenzo presenta alcuni schiarimenti e rettifiche al suo progetto di finanze, già rassegnato all'esame
della Camera colla petizione registrata ai numero 2993, della
quale domanda l'urgenza.
3580. Stuardi Giuseppe di Torino: petizione presentata
senza i requisiti voluti dall'articolo d'aggiunta al regolamento
della Camera adottato nella tornata delti 23 aprile 1850.
3581. Perretti Giuseppe, da Vigone, provincia di Pinerolo,
già soldato nel terzo reggimento di fanteria, esponendo come
per ferita riportata a una gamba nella campagna del 1848
siagli stato dato l'assoluto congedo, chiede che, in considerazione del prestato servizio e della ricevuta ferita, sia ammesso a godere di qualche annuo sussidio.
3582. Chiavazza Francesco, geometra, dimorante a Sommariva del Bosco, propone che il Governo formi ogni anno
una lotteria collo scopo di arricchire ogni anno otto cittadini
dello Stato.
3583. Il Consiglio comnnale di San Damiano, provincia di
Cuneo, espone il suo voto perchè in adesione alla dimanda
fatta al regio Governo della città di Cuneo, sia istituito in
quella città un magistrato d'appello.
CARINA PAOLO,
P R E S I D E N T E . La Camera essendo in numero, pongo ai
voti l'approvazione del verbale.
(È approvato.)
S E G U I T O DEIILIA DISCUSSIONE E A D O Z I O N E D E I
P R O G E T T I D I LIEFIFIE P E R IJ'APPROVAZIONE D E I
TRATTATI »1 NAVIGAZIONE E C O M M E R C I O E
SUI.C<A P R O P R I E T À L E T T E R A R I A C O N C H I U S I C O N
M FS1SCIA.
P R E S I D E N T E . L'ordine del giorno reca il seguito della
discussione sul progetto di legge per l'approvazione dei trattati di commercio, di navigazione e proprietà letteraria colla
Francia.
Do la parola al signor Farina.
F A R I N A P I O L O , Quando, nel prendere la parola la
prima volta per impugnare l'approvazione dei trattati che ci
sono sottoposti, io poneva innanzi la considerazione, che probabilmente ragioni estranee al merito dei medesimi ne avrebbero determinata l'approvazione, io non m'ingannava,
giacché gli applausi che tennero dietro alle delicate ed eloquenti allusioni del signor ministro di agricoltura e commercio mi hanno ciò evidentemente provato. Ma qui mi occorre
prima di tutto di rettificare un errore di fatto, nel quale
credo sia incorso il signor ministro. Egli, nelPaUribuire la