Oro in Madagascar

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Oro in Madagascar
Metalli Preziosi
Oro in Madagascar
http://www.metallirari.com/oro-in-madagascar/
REDAZIONE29/10/2015, 8:30 am 0 547
La particolare conformazione geologica del Madagascar, la quarta isola più
grande del mondo, rende questo paese particolarmente attraente per tutti i moderni
cercatori d’oro.
Il Madagascar è un paese ricco di risorse minerarie ed è considerato uno dei territori più promettenti
per l’esplorazione di nuovi giacimenti di oro in tutta l’Africa.
Il Madagascar è la quarta isola più grande del mondo e si trova a circa 400 chilometri dal continente
africano, separato da un tratto di mare chiamato Canale del Mozambico. In passato, il paese era un
importante produttore di oro ma, a causa di una serie di tumultuosi eventi politici, l’industria
mineraria è in gran parte sottosviluppata.
Circa 30 anni fa, il Madagascar era uno dei paesi ritenuti geologicamente più interessanti di tutta
l’Africa, ma l’instabilità politica del paese ha bruciato sul nascere ogni iniziativa di esplorazione
mineraria.
Pur facendo parte del continente africano a livello geografico, il Madagascar è un micro-continente
a sé stante, incagliato tra l’Africa e l’Asia meridionale. Questo fatto è evidente studiando la geologia
locale, la flora e la fauna. Una geologia più simile al Sud-Est asiatico, in particolare India e Sri Lanka,
piuttosto che ad altri paesi africani.
L’oro si trova di solito nei terreni risalenti all’Archeano, ma anche al
Proterozoico
I giacimenti primari di oro del Madagascar si pensa siano del tipo mesotermico al quarzo, cioè filoni
d’oro particolarmente preziosi e che rappresentano quasi il 20% dei depositi di oro del mondo. Gli
stessi tipi di deposito si possono trovare anche in Australia, Canada, Brasile e Ghana.
Tali depositi sono classificati in due categorie, primari e secondari.
I depositi primari di oro, si trovano in terreni metamorfici del Precambriano. Questi depositi
vengono a loro volta classificati in base al periodo di formazione: i depositi primari dell’Eon
Archeano, del Proterozoico e del Mesozoico. L’oro si trova di solito nei terreni risalenti all’Archeano,
ma anche al Proterozoico.
Invece, i depositi secondari di oro si formano attraverso l’alterazione dei depositi primari, come per
esempio la ri-concentrazione di oro da parte di acque in superficie che porta alla formazione di
depositi di oro. Ciò porta alla formazione di depositi alluvionali, tradizionalmente facili da sfruttare,
che fino ad ora hanno rappresentato più dell’80% della produzione di oro del Madagascar.
Tutte queste caratteristiche favorevoli hanno indotto negli ultimi anni i moderni cercatori d’oro,
società minerarie specializzate nell’esplorazione mineraria, ad avviare ricerche in Madagascar alla
ricerca di metallo giallo, che sembra essere in buona compagnia di altre risorse preziose come
argento, nichel, rame, vanadio, diamanti e zaffiri.
Le giovani cercatrici d'oro del Madagascar
14 Giugno 2012 02:00
http://www.regionieambiente.it/it/articoli/le-giovani-cercatrici-doro-del-madagascar
Ancora alti i tassi di lavoro minorile pericoloso
In una corrispondenza del 9 giugno 2011 dalla città di Ankavandra (Madagascar), IRIN (l’Agenzia
dell’Ufficio per il Coordinamento per gli Affari Umanitari dell’ONU) ha dato notizia che nella città di poco
più di 10.000 abitanti, situata nella parte occidentale del Paese malgascio, gruppi di ragazzine,
imparentate tra di loro e di età compresa tra gli 8 e i 15 anni, si recano a cercare l’oro.
La povertà dell’economia rurale e gli alti prezzi raggiunti dall’oro sui mercati mondiali stanno inducendo
molte ragazze e bambine della regione ad abbandonare la scuola per incamminarsi tra le colline
dell’altopiano centrale, risalendo le rapide di uno dei tanti affluenti del fiume Manambolo. Impiegano
quasi due ore di cammino per raggiungere i luoghi. Per proteggersi dal sole cocente mettono sul capo il
setaccio, strumento in legno costruito a livello locale, con il quale cercano l’oro.
Assolvono a questo compito con la benedizione dei genitori perché quel che ne ricavano serve per
comprare cibo e vestiti. L’assenza dei maschi, come hanno riferito, è dovuta al fatto che questi sono
impegnati a sorvegliare il bestiame (gli zebù), dal momento che il fenomeno dell’abigeato è assai
diffuso nel Paese.
Il lavoro è assai impegnativo perché tra forre ripide e scoscese, scalfiscono il terreno con paletti di
legno, accumulando pietrisco, sabbia e fanghiglia che accumulano sulla ciotolasetaccio e che, filtrano
poi con l’acqua del torrente, affinché venga trattenuta qualche pagliuzza dai dorati riflessi.
Secondo il codice minerario del Madagascar, i cercatori d’oro dovrebbero acquistare un permesso
annuale per pochi dollari, ma le ragazze hanno dichiarato di non aver mai pagato tasse, né sarebbero
state in grado di farlo.
L’Indice di Sviluppo Umano del Programma di Sviluppo dell’ONU, posiziona il Madagascar al 135°
posto su 169 Paesi, e le stime dicono che il 70% dei 20 milioni di individui che abitano l’isola vivono con
1,25 dollari al giorno o anche meno.
Un frammento d’oro delle dimensioni della metà di un chicco di riso suscita grande entusiasmo tra
queste giovanissime cercatrici, dal momento che l’oro viene acquistato dai commercianti di Ankavandra
per 70.000 Ariary Malgascio (US $ 36,50) al grammo; la quantità minima che può essere venduta è un
decimo di grammo.
Nella loro miglior settimana lavorativa (6 giorni) degli ultimi anni, le ragazze hanno affermato di aver
fatto circa 14 dollari ciascuna, comunque più del doppio di quello che avrebbero potuto guadagnare,
facendo altri lavori umili, come lavare i panni.
Secondo l’ultimo Rapporto dell’ILO (International Labour Office), “Children in hazardous work. What we
konw, what we need to do”, presentato il 10 giugno 2011, sono 115 milioni i bambini e ragazzi, di età
compresa tra 5-17 anni, che lavorano in condizioni pericolose nei più diversi settori come in agricoltura,
nelle miniere, nelle costruzioni, nel manifatturiero, nel terziario, in alberghi, bar, ristoranti, fast food e nei
servizi domestici. Si trovano sia nei Paesi industrializzati che in quelli in via di sviluppo. Ragazze e
ragazzi spesso iniziano a svolgere lavori pericolosi in età molto precoce. A livello mondiale, le stime
dell’ILO indicano che sono circa 22.000 i bambini che muoiono sul posto di lavoro ogni anno. Il numero
dei feriti o di coloro che si ammalano a causa del lavoro svolto, non sono noti, anche perché i problemi
di salute causati dal lavoro minorile non si sviluppano e manifestano fino a che il bambino non diventa
adulto.
“Pericoloso” e “a rischio”, si afferma nel Rapporto, sono i due termini che vengono utilizzati più
frequentemente in associazione a “lavoro minorile”. Un “pericolo” è qualcosa che potenzialmente può
far del male; “a rischio” è la probabilità che si concretizzi un danno potenziale svolgendo un’attività
pericolosa. Ad esempio, il “pericolo” associato al sovrintendere a macchinari a motore potrebbe essere
quello di rimanere intrappolati o impigliati dagli ingranaggi in movimento. Il “rischio” sarà alto se non
sono state effettuate misure di protezione e chi lavora si trova nelle vicinanze dei macchinari. Se,
tuttavia, il macchinario è adeguatamente custodito, regolarmente verificato e riparato da personale
competente, allora il rischio sarà più basso.
Quando si parla di bambini lavoratori, tuttavia, è importante andare oltre i concetti di “pericolosità” e “a
rischio” dei lavori, che solitamente vengono applicati ai lavoratori adulti, per ampliarli, includendovi gli
aspetti relativi allo sviluppo dell’infanzia.
Essendo i bambini ancora nella fase di crescita, essi hanno caratteristiche ed esigenze che devono
essere prese in considerazione per individuare i pericoli sul lavoro e i rischi ad essi associati, in termini
di benessere fisico, cognitivo (pensiero/apprendimento), di sviluppo comportamentale e di crescita
emotiva.
Di seguito sono riportate le statistiche sul fenomeno:
- più della metà (53%) di tutti i bambini che lavorano nel mondo fanno lavori pericolosi;
- i lavori pericolosi sono in aumento tra i bambini più grandi, tra i 15 e i 17 anni; negli ultimi quattro anni
l’incremento è stato del 20%, passando da 52 a 62 milioni;
- il numero dei ragazzi (15-17 anni) che stanno facendo lavori pericolosi superano il numero delle
ragazze in un rapporto di 2 a 1 e il tasso permane alto;
- nel gruppo di età tra 5-14 anni, sono 53 milioni i bambini (circa un terzo) che svolgono un lavoro;
- ben il 15% di tutti i bambini dell’Africa Sub-sahariana sono coinvolti in lavori minorili pericolosi.
“Questi numeri sono allarmanti - ha dichiarato Simrin Singh, Specialista dell’ILO sul lavoro minorile per
il Sudest asiatico e il Pacifico - La condizione nascosta del lavoro minorile nel sommerso significa che
gli ispettori del lavoro non sempre possono assolvere ai loro compiti. Ma è la povertà la causa primaria
del fenomeno”.
Agence national de l’or (Anor)
Madagascar: la filière or se dote d’une agence
http://www.lagazette-dgi.com/index.php?option=com_content&view=article&id=45874:madagascar-lafiliere-or-se-dote-d-une-agence&catid=41&Itemid=108
Le décret portant création et fixant les statuts de l’Agence nationale de la filière or (Anor) a été adopté par le
conseil du gouvernement du 14 avril dernier.
Pour le ministère auprès de la Présidence, chargé des Mines et du Pétrole, l’objectif est de capitaliser les acquis
et de contrôler la filière.
Les quotes-parts sur les frais d’administration minière et sur les redevances minières, le droit de délivrance et de
renouvellement des autorisations de collecte et de fonte, seront les principales ressources de cette agence qui
aura le statut d’un Epic (établissement public à caractère industriel et commercial).
Les attributions de l’Anor n’ont pas encore été spécifiées pour le moment. La recrudescence des exportations
illicites d’or (selon le FMI, 2 tonnes d’or par an sortent du territoire malgache et ne passent pas par le Comptoir de
l’or) y est pour beaucoup dans la création de cette agence. Le gouvernement prévoit également la création d’une
société anonyme de traitement et d’affinage de l’or dont l’Etat sera l’actionnaire majoritaire.
La mise en place de l’Anor entre dans le cadre du plan d’action pour des résultats rapides du ministère auprès de
la Présidence chargé des Mines et du pétrole. On attend de ces mesures des résultats concrets, entre autres
réduire à défaut d’éradiquer le trafic de l’or et formaliser le secteur.
7/03/2016
http://www.etropique.com/madagascar-l-rsquo-exportation-de-l-rsquo-or-reste-interdite-a-madagascaractualites-812.html
L’exportation de l’or reste interdite à Madagascar
Les opérateurs du secteur aurifère
doivent encore patienter. Des
mesures d’accompagnement de la
libéralisation de la filière or doivent
d’abord être mises en place.
En attente. L’exportation de l’or n’a
pas encore commencé. Elle attend la
formalisation et la sensibilisation des
acteurs de la filière. « On doit mettre
en place toutes les structures et
assainir le secteur avant d’autoriser
les exportations. Il faut aussi
informer les intéressés sur toutes les
procédures et les conditions requises
pour s’adonner à cette activité », a
souligné Joeli Valérien Lalaharisaina,
ministre des Mines et du pétrole,
joint au téléphone hier, dimanche 6
mars.
La sensibilisation et la formalisation sont actuellement en cours à travers des régions de la Grande île. «
Cette semaine, le ministère organise un atelier de sensibilisation. Les opérateurs et tous les acteurs
miniers seront invités », a-t-il ajouté.
« L’exportation sera effective dès que tous ces préalables seront accomplis », a poursuivi le ministre. «
On a déjà fixé une date, mais je ne tiens pas encore à l’annoncer », a-t-il souligné. La détention d’une
carte d’orpailleur et d’une carte de collecteur, délivrées par l’agence nationale de l’or (ANOR), figure
parmi les conditions exigées pour tous les acteurs qui veulent opérer sur le marché de l’exportation de
l’or.
La semaine dernière, l’équipe de l’Anor a effectué des descentes de sensibilisation dans les régions Vatovavy Fitovinany, Amoron’i Mania, Atsimo Andrefana et Vakinankaratra. Ces missions ont consisté à
recenser les différents acteurs du secteur et à les formaliser. La sensibilisation à la déclaration des stocks
des opérateurs, allant des orpailleurs aux exportateurs, en passant par les collecteurs et les comptoirs
commerciaux a été effectuée. Plus de deux milles orpailleurs et une quarantaine de collecteurs sont ainsi
recensés, à travers ces diverses régions d’intervention. Cette activité sera poursuivie dans d’autres
régions, selon le ministre des Mines et du pétrole.
Madagascar - Omega Tiavina
Ranoroharisoa : «La filière or
nécessite une réorganisation en
profondeur»
http://www.businessmag.mu/article/madagascar-omega-tiavina-ranoroharisoa-la-filiere-or-necessite-unereorganisation-en
Business Magazine No. - 1242 - du mercredi 6 juillet 2016 au mardi 12 juillet 2016
Omega Tiavina RanoroharisoA, directrice de l’ANOR
L’exploitation de l’or demeure dans une grande mesure dans le secteur informel, souligne la directrice de l’Agence
nationale de la filière or (ANOR). Elle se prononce en faveur d’une exportation maîtrisée du métal jaune.
BUSINESSMAG. Dans quelles circonstances l’ANOR a-t-elle été créée et quelles sont ses attributions ?
Le sous-sol de Madagascar regorge de milliers d’indices aurifères. Cependant, les faibles statistiques nationales en matière
d’exploitation de l’or nous révèlent combien cette filière demeurait jusqu’ici dans le secteur informel et non structuré.
La mise en place de l’Agence nationale de la filière or (ANOR) est née de ce besoin de structurer et de maîtriser la filière
or. À travers cet organisme, le ministère chargé des Mines entend instaurer la traçabilité de l’or et maîtriser toute la filière.
L’objectif étant d’améliorer les recettes de l’État et des collectivités se rapportant à l’exploitation de cette ressource, pour
un impact direct et tangible au profit de la population.
Créée en 2015, l’ANOR est désormais opérationnelle et intervient au niveau de plusieurs collectivités à forte activité
aurifère.
BUSINESSMAG. En quoi l’ANOR se distingue-t-elle du Comptoir de l’or ?
L’idée d’antan de cumuler la mission de régulation avec des missions commerciales n’est plus d’actualité. Il s’agit
désormais de bien distinguer l’ANOR du Comptoir de l’or. Le premier est un établissement public à caractère industriel
et commercial (EPIC) placé sous la tutelle technique du ministère chargé des Mines, et qui a la responsabilité de mettre
en place les dispositifs juridiques ou structurels nécessaires pour la mise en œuvre de la politique de l’État en matière de
l’or. L’ANOR est également appelée à assurer un encadrement technique aux petits exploitants afin de les
professionnaliser et de les aider ainsi à accroître leur production.
Le second se doit être une entité commerciale née d’une initiative privée de faire du commerce de l’or. Il relève du secteur
privé et requiert l’agrément de l’ANOR pour entamer ses activités.
BUSINESSMAG. Avez-vous le personnel adéquat pour couvrir tout le pays ?
Certes, l’ANOR a besoin d’être déconcentrée au niveau des régions, à commencer par celles à forte potentialité aurifère.
Cela fait partie des étapes prévues pour l’opérationnalisation effective et complète de l’ANOR, qui est actuellement au
stade de la mise en place des structures définitives au niveau central.
Mais il ne s’agit pas d’assurer la couverture permanente de toute l’île par l’effectif actuel. Dans ce cas, ce serait un échec
assuré de sa mission. Il s’agit pour le moment d’établir des relais sûrs et structurés au niveau des collectivités et d’identifier
les différents acteurs pouvant servir d’antennes et de partenaires aux missions de gouvernance de la filière or. La commune
constitue un exemple concret.
BUSINESSMAG. Quelles sont vos priorités ?
Il faut prioriser la formalisation des activités en amont. Comment y arriver ? D’abord, il faut vulgariser les textes. Il s’agit
ensuite d’appuyer les communes dans la sensibilisation et mobilisation des orpailleurs et collecteurs d’or. Il faut également
fournir aux communes les outils et expertises requis pour le suivi et l’enregistrement des petits exploitants. Et finalement,
il importe d’élaborer des statistiques et d’avoir une estimation de production par commune.
La maîtrise du circuit de l’or constitue également une de nos priorités. Il faut inciter tous ces commerçants informels de
l’or à se structurer. Et également mettre en place la structure qui effectuera le traitement et l’affinage de l’or commercial
avant l’exportation.
BUSINESSMAG. Pouvez-vous en dire plus sur cette structure ?
L’idée est de canaliser l’or à exporter ou pas vers une entité qui va instaurer les normes et le label pour une qualité
reconnue de l’or de Madagascar, à savoir la Société d’affinage et de traitement de l’or prévue par le décret fixant le régime
de l’or.
L’étude de la mise en place de cette entité est en cours. L’ANOR collabore pour cela avec la Banque centrale de
Madagascar. Il s’agit au préalable de voir comment concilier le besoin de l’État de constituer grâce à l’or des réserves
d’actifs et la nécessité de développer la filière or par le biais d’une exportation maîtrisée et formelle.
BUSINESSMAG. La libéralisation des exportations de l’or a-t-elle jugulé les envois illicites vers les marchés
clandestins étrangers ?
Je vais prendre un exemple: si vous prenez une pâte à modeler dans votre main et que vous la pressez, elle vous sort entre
les doigts et il en est de même pour l’or. Nous avons des frontières poreuses et le trafic d’or a existé depuis l’époque
coloniale. On ne fait pas disparaître un pan de l’économie d’un coup de baguette magique ou de crayon. Jusqu’en 2015,
les déclarations de production et d’exportation d’or n’ont jamais dépassé 40 kg/an. Il a fallu mettre en place une stratégie
globale pour canaliser la production vers le marché légal. Nous travaillons en ce sens avec les communes, le secteur privé
et les autres départements ministériels.
BUSINESSMAG.Le commerce illicite de l’or continuerait au centre d’Analakely et de ses environs. L’ANOR vat-elle intervenir ?
Nous préférons ne pas parler d’illicéité pour ces cas de figure. Il n’y a pas de volonté avérée d’enfreindre la loi. Il s’agit
surtout de commerce informel de produit spécifique qui prolifère, comme c’est le cas également pour beaucoup d’autres
produits ou biens. Sauf qu’ici, il s’agit de l’or.
L’ANOR a déjà engagé des démarches auprès de ces acheteurs et revendeurs de l’or, qui manifestement ne cherchent
qu’à structurer leurs activités. Des actions conjointes avec d’autres départements ministériels sont déjà en cours. L’idée
est de convaincre et d’inciter ces gens à se formaliser. L’ANOR les appuie et étudie actuellement les dispositifs adéquats
à mettre en place pour organiser ce marché jusque-là, disons, non pris en compte.
BUSINESSMAG.Quelle démarche doit-on suivre pour devenir un exploitant aurifère légal ?
La filière or constitue une chaîne d’activités dont le régime n’est pas forcément identique. L’orpaillage et la collecte d’or
relèvent d’une autorisation matérialisée par des cartes délivrées au niveau de la commune de la circonscription de laquelle
l’orpailleur ou le collecteur veut travailler.
Les personnes physiques ou morales voulant faire du commerce de l’or vont créer des comptoirs et en demander
l’agrément à l’ANOR. Une personne qui veut avoir le droit exclusif de faire de la recherche ou de l’exploitation de l’or
sur une portion donnée de terrain doit plutôt obtenir un permis minier dont l’octroi se fait au niveau du Bureau du Cadastre
Minier. Notons que l’ANOR est disposée à apporter à quiconque intéressé par des activités aurifères, tous les détails se
rapportant à chaque type d’activité.
BUSINESSMAG. Le poids de l’or déclaré à l’État est loin de refléter le potentiel de production nationale.
Comment faire pour rétablir ce déséquilibre flagrant ?
Parler de la quantité d’or déclarée suppose donc une déclaration faite par l’opérateur. Pourquoi y a-t-il déséquilibre? C’est
parce que le nombre d’opérateurs s’alignant dans le secteur formel est jusque-là très faible. Et rétablir ce déséquilibre, si
je reprends vos termes, revient à renforcer les actions de formalisation de la filière. Ce qui explique pourquoi cela fait
partie des priorités de l’ANOR.
Rubrique:
Région
Mots Clés :Madagascarexploitation de l'orANOR
Madagascar: Ressources minières - Les stocks d'or à
déclarer
http://fr.allafrica.com/stories/201603041170.html
L'Agence nationale de l'or sensibilise les acteurs de la filière à déclarer leur stock.
Des acteurs à formaliser. Afin de mettre fin à l'illégalité qui mine le secteur aurifère, l'Agence
nationale de l'or (Anor) procède actuellement au recensement des différents acteurs du
secteur. Il sensibilise à la déclaration des stocks des opérateurs, allant des orpailleurs aux
exportateurs, en passant par les collecteurs et les comptoirs commerciaux. Jusqu'à la fin de
ce mois, ceux-ci ont l'obligation de déclarer leur stock d'or, au risque d'être sanctionnés.
« Tout l'or non déclaré mais qui circule encore sur le marché, après cette période, sera
considéré comme illicite, et les détenteurs seront poursuivis, conformément aux lois existantes
», note le DG de l'Anor, Guy Raymond Raonilison. Cette phase de déclaration précédera la
reprise des activités d'exploitation et de vente de ce métal précieux.
Suite aux activités de sensibilisation effectuées dans quelques régions tels que Vatovavy
Fitovinay, Amoron'i Mania, Atsimo Andrefana et Vakinankaratra, les responsables ont pu
recenser plus de deux mille deux cents orpailleurs, et plus d'une quarantaine de collecteurs
d'or dans les carrières existant dans ces régions.
Résistance
Les quelques descentes de sensibilisation faites au niveau des collectivités décentralisées par
l'équipe de l'Anor semblent avoir eu des résultats positifs jusqu'ici, malgré la résistance de
certains. «La plupart des autorités et acteurs que nous avons rencontrés sur terrain sont
convaincus des atouts que la régularisation des papiers et des frais administratifs apporteront
à leurs activités », indique le DG de l'Anor.
La multiplication des acteurs illicites, qui mènent souvent dans la vente illégale de l'or,
provoque une grande perte pour l'économie du pays. L'objectif de l'Anor est de formaliser tous
les acteurs de cette filière. Pour ce faire, les équipes de l'Agence n'hésitent pas à descendre
vers les carrières pour discuter avec les acteurs à la base.
A million artisanal gold miners in
Madagascar wait to come out of the shadows
Small-scale gold mining has been given an unexpected boost as a result of a political coup
and fall in commodity prices
https://www.theguardian.com/sustainable-business/2016/nov/15/gold-rush-madagascars-artisanal-miners-could-benefitfrom-global-downturn
Madagascar’s annual gold production is believed to be worth about $450m. Photograph: Alamy Stock
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Emilie Filou
Tuesday 15 November 2016 06.00 GMTLast modified on Tuesday 15 November
2016 09.11 GMT
The downturn in commodity prices has hit the mining industry globally but in ,
it coincided with the end of a five-year period of turmoil, precipitated by a coup
in 2009. Any hopes for the sector to propel itself back on the development track
were dashed.
“Lots of mining companies came to Madagascar to explore [before 2009] but
then we had the political crisis, with all the uncertainty and lack of visibility it
brought, and even though we had elections in 2013, that uncertainty has not
really lifted,” said Willy Ranjatoelina, executive secretary of the Madagascar
Chamber of Mines.
In the mid-2000s, Madagascar had given the green light to two large-scale
mining projects: Ambatovy, a $8bn (£6.4bn) nickel and cobalt project developed
by a consortium led by Sherritt International, and QMM, a $1bn ilmenite project
developed by Rio Tinto. Since then new projects have dried up.
While the downturn in fortune in large-scale mining is bad news for
Madagascar’s revenue forecasts, it offers the authorities an opportunity to turn
their attention to an alternative: artisanal and small-scale mining.
A hidden mining sector
Although artisanal mining has been practised in Madagascar for centuries, it’s
been neglected as a formal activity – a “missed opportunity”, says Ranjatoelina,
considering that around a million people work in the sector, second only to
agriculture.
Formal recognition by the government, it is argued, could bring greater tax
revenue and lead to improvements in health and safety and use of child labour in
the sector.
Most artisanal mining focuses on gold and precious stones (Madagascar is famed
for its sapphires, rubies and emeralds) and production isn’t insignificant – at its
peak, Madagascar was thought to produce about 40% of the world’s sapphires
and its annual gold production is reckoned to be about 15 tonnes, worth about
$450m, but virtually all of it remains under the radar.
Officially, 2016 will be the first year that Madagascar exports gold (Anor, the
national gold agency set up in 2015, hopes to export 500kg, about $15m), yet in
2011, foreign countries (mainly the United Arab Emirates) reported importing
$250m worth of gold and gemstones from Madagascar.
One of the reasons why the sector has been overlooked is its poor image: much
of the artisanal mining takes place in protected areas [pdf], with serious
consequences on Madagascar’s unique biodiversity. Artisanal mining is also
associated with various socio-economic problems such as child labour, poor
health and safety conditions, limited education and health facilities, trafficking
and security issues.
Artisanal mining has been associated with socio-economic problems such as
child labour, poor health and safety conditions, and trafficking. Photograph:
Guichaoua/Alamy
Why gold is so valuable
Despite these shortcomings, artisanal mining, for gold especially, is a lifeline for
many. Gold panning is often a seasonal, family activity, one that complements a
miner’s main activity and adds a level of resilience to their livelihood, says Brian
Klein, a doctoral researcher at the University of California, Berkeley.
It is slow and steady work, with an average day’s work producing about $2-$2.50
worth of gold, whereas gemstone mining is all about striking lucky with an
exceptional stone.
With turbulent commodity markets, gold also holds a special place as a reliable
monetary alternative, says Vololona Rakotonomenjanahary, head of Anor: “With
gold, you can’t go wrong. With gemstones, there are issues of quality and size,
but with gold, there is just one product.”
There are signs that Madagascar is starting to pay more attention to artisanal
mining. One of Anor’s mandates is to improve the skills and professional
standards of those working in gold, including miners and local officials who
issue permits and collect tax.
‘What Madagascar wants is to be able to commercialise its gold and gemstones
under an ethical label such as Fairtrade or the Responsible Jewellery Council.’
Photograph: Alamy Stock Photo
“Artisanal mining creates employment in rural areas and the revenues it
generates can help finance local socio-economic infrastructure,” says
Rakotonomenjanahary. “Improving our tax collection would allow artisanal
mining to boost local development.”
Anor is also working on setting up a national gold refinery that will be
responsible for certifying and hallmarking gold for export.
A number of donors and NGOs are active in this space, including the World
Bank, which is supporting artisanal mining in Madagascar to the tune of $1.8m
as part of its mpublic sector performance project.
A future for fairtrade gold
Ranjatoelina says Madagascar expects more interest from donors and potential
investors in the months ahead, with a major donor conference scheduled for
early December.
This is good news, although Hermann Fickinger, head of the environment
programme at the German development corporation GIZ, says that all these
efforts will only be as good as their implementation. Madagascar already has a
basic legal and regulatory framework for the sector – it just isn’t implemented
across the board.
Klein also sounds a note of caution. “Formalisation is seen as a panacea –
bringing people out of the shadows will reduce all negative impacts of artisanal
mining – but it could be a vehicle for dispossession,” he says. “There is a danger
of not taking into account the impact it could have on the livelihood of people
and the power dynamics between small scale mining, the government, NGOs
and corporate players.”
What Madagascar ultimately wants is to be able to commercialise its gold and
gemstones under an ethical label such as Fairtrade or the Responsible Jewellery
Council. There is still a long way to go, says Fickinger, but the process has
started.
Brian Ikaika Klein
Ph.D. Student
Brian Ikaika Klein is a doctoral student in UC Berkeley’s
Department of Environmental Science, Policy, and
Management. His research examines the political economy of
energy and extractive industries in developing countries, with
a particular focus on mining governance in Madagascar. He
is supported by the Berkeley Fellowship for Graduate Study
and the National Science Foundation Graduate Research
Fellowship Program.
Brian has worked in Washington, DC at organizations
including the World Bank, Union of Concerned Scientists,
and Woodrow Wilson International Center for Scholars. He
served as a U.S. Peace Corps Volunteer in Madagascar from
2010-2012, collaborating with local village-based forest management associations to design and
implement several environmental remediation and rural development projects in the country’s
southeastern Vondrozo Corridor. Just prior to coming to Berkeley, Brian worked as special assistant to
the chief of staff at Peace Corps headquarters in
Washington. In addition to living graduate student
life to the fullest, he continues to engage in
periodic consulting for the World Bank on
energy-related projects in southern Africa.
Brian earned a B.A. in political science and
international peace studies from the University of
Notre Dame in 2008. He originally hails from
Kailua, Hawai‘i—and tries to get back as
frequently as possible.
Fellowship Recipient
Department: Environmental Science Policy &
Management
Country Expertise: Madagascar
LANGUAGE EXPERITISE: French, LANGUAGE
EXPERITISE: Malagasy
Fellowship: Rocca Pre-dissertation Research
Fellowship Year(s): 2016
Project/Theme Title: Mining for Territory:
Pressures, Practices, and Policy in Madagascar’s
Artisanal and Small-Scale Mining Sector
Abstracts: Madagascar—Earth’s oldest and fourth-largest island—harbors some of the most unique
and endangered plant and animal species on the planet. Its human population, meanwhile, is one of the
world’s poorest. Over the past 15 years, the Malagasy government has collaborated with transnational
environmental NGOs, international financial institutions, and private corporations to both dramatically
expand the country’s network of protected areas and encourage the uptake and development of
concessions in its minerals industry. At the same time, the occurrence of artisanal and small-scale
mining (ASM) of gold and gemstones has markedly increased across the island, now representing the
country’s second-most significant livelihood activity after smallholder agriculture. These three
phenomena—the expansion of protected areas, growth of large-scale mining, and increase in artisanal
and small-scale mining—involve a plethora of actors with varied interests engaged in the pursuit of
drastically different objectives, but they share a common characteristic in that each involves the
augmentation of claims to land and resources. It is here where the (perhaps) contradictory imperatives
of environmental protection, national development, and poverty alleviation converge; where the
occurrence of and potential for greater conflict over territory resides; and where my project begins. In
the initial stages of conducting my dissertation project, I thus pose the overarching questions:  How
have the extension of protected areas and expansion of mining concessions affected the practices and
livelihoods of artisanal and small-scale miners in Madagascar? How do the practices by which miners
navigate changes in land designations in order to preserve access to resources complicate the
dominant narrative regarding their (lack of) agency vis-à-vis government, corporate, and NGO actors,
as well as the transnational, structural forces of globalization, conservation, and development? What
implications might the recognition of this agency have in terms of policy approaches to the ASM sector,
particularly in relation to recent formalization efforts?